INFN, CNR-IRPPS: Discipline STEM: fra professioni del futuro e gap di genere
23/11/2024
Ancore poche ore e l’attesa della famosa/famigerata seconda prova di Matematica e Fisica avrà termine.
Dopo tre simulazioni ministeriali, la prima, quella del manuale russo, la seconda, che per la prima volta ha visto la levata di scudi del fisico Carlo Rovelli e relativa ammissione di un errore (la prima volta) da parte del Ministero, e la terza, piuttostoto “indefinita” si fa finalmente sul serio.
E se, come sembra, la prova assomiglierà alle ultime due proposte posso dire che non mi piace. Al di là degli errori il punto è che quelli proposti finora sono dei calcoli, dove la matematica è applicata alla fisica piuttosto che alla produzione di piastrelle, senza alcun tentativo di accertare una minima competenza di fisica di quelle previste dalle Indicazioni Nazionali. Assomigliano all’idea di quel collega che incontrai all’epoca della riforma Gelmini. Così commentava l’introduzione per tutti gli studenti del Liceo Scientifico della Fisica nel biennio:
“Sono contento di avere la fisica anche nel biennio, così in quei due anni sistemo per bene i vettori e poi sono a posto”, come se far fisica a quello si riducesse (specialmente nel biennio).
Ma se è lecito pensare che quanto qui espresso sia un punto di vista personale, perlomeno appare forse un tantino esagerata l’opinione di chi sostiene, parlando dell’ultima simulazione, che
“La prova appare equilibrata, in linea con i percorsi didattici e calibrata su un livello medio di preparazione da parte degli studenti. Le conoscenze e le abilità richieste spaziano tra vari obiettivi dei Quadri di riferimento. Le domande non sono banali e presentano molti spunti di approfondimento.La formulazione dei testi è chiara, le richieste presentano diversi livelli di difficoltà e, specialmente nei problemi, la presenza di alcune strutture di controllo agevola il processo risolutivo.”
Per la matematica presente può darsi sia vero, anche se io non vedo grande differenza, rispetto a questa (2014), di cui Odifreddi esprimeva un parere non molto lusinghiero. Per la fisica no. Anche perché, la cosa che mi sento di dire è che quel livello medio di cui si parla, per la fisica, è ancora lontano dall’essere acquisito, se non come mera ricetta di calcolo, come direbbe un fisico, accompagnato da una deviazione standard molto grande. Troppo diversi mi sembrano gli obbiettivi che si pongono i docenti nel loro insegnamento da un Istituto all’altro, da una città all’altra. Per la matematica il problema non si pone. Quasi un secolo di consuetudine alla seconda prova del Liceo Scientifico è il fattore unificante.
Come appare un colossale errore di principio la pretesa che che degli otto quesiti proposti siano cinque quelli di matematica, rispetto ai tre di fisica, in proporzione al numero delle ore. Ho già parlato di manuale Cencelli applicato alla seconda prova e non ho cambiato idea. L’effetto è quello di permettere agli studenti di avere un punteggio molto alto in una prova di matematica e fisica senza nemmeno trattare apprezzabilmente la fisica. Non mi pare che una simile richiesta di “proporzionale disciplinare” abbia cittadinanza al Liceo Classico tra greco e latino.
Ma alcune riflessioni utili si possono fare prendendo spunto da questa vicenda. La prima: la struttura della seconda prova di Liceo Scientifico, continua a essere basata sulla risoluzione di un maxi problema, da svolgere nel tempo infinito di sei ore. Non so se ci sia un equivalente negli altri paesi europei (la prova di fisica e chimica della maturità francese che ho sotto mano, anno 2016, prevede in tre ore e mezza, tre esercizi che spaziano dall’effetto Doppler, al saccarosio nelle barbabietole da zucchero, al pianeta Tatoooine), ma ritengo che una struttura diversa, quale quella prevista dalla vecchia simulazione AIF sia decisamente più ragionevole. E più adatta volendo inserire la fisica in seconda prova. Una modifica di questo tipo, per altro proposta a suo tempo in ambienti ministeriali, appare non troppo difficile, volendo attuarla.
La seconda: urge la revisione delle Indicazioni Nazionali, per quanto riguarda i contenuti, prevista peraltro dalla legge stessa. Ma si badi bene, non nel senso gradito ad alcuni, di abolire effetto fotoelettrico e fisica quantistica semiclassica, problematici per alcuni (si badi bene, solo alcuni) docenti di formazione matematica, ma bensì di operare scelte coraggiose, sicuramente a livello di Quadri di Riferimento per l’Esame di Stato, ma anche a livello di insegnamento tout court.
Se devo fare degli esempi di cose da togliere, direi sicuramente la relatività di Einstein, ma anche le equazioni di Maxwell e, udite udite, anche una buona parte, quella più formale dell’induzione elettromagnetica. Basti a tale proposito riflettere sulle sottigliezze concettuali dell’esperimento del disco rotante di Faraday (descritte per esempio da Giuseppe Giuliani in “Induzione elettromagnetica: fisica e flashbacks“, La fisica nella scuola, quaderno XIV, 2002, articolo disponibile anche qui). Recuperando invece, per esempio, il decadimento radioattivo.
Anni fa, durante un seminario a Pavia sulla seconda prova, un ottimo docente universitario, persona giustamente stimatissima, se ne uscì, parlando del teorema di Gauss per l’elettrostatica, dicendo che poteva essere spiegato, ad uno studente liceale in una mezzora, un’ora al più. Da ragionamenti di questo tipo hanno origine, forse, alcune scelte delle Indicazione Nazionali, per la Fisica, ma, a guardare bene, forse anche per la matematica. E credo sia tempo di porre rimedio a questa situazione, anche se questo secondo obiettivo appare ora più che mai, lontanissimo.
Per intanto mi auguro di sbagliare le previsioni sulla seconda prova che verrà. Se avrò preso una colossale cantonata sarò il primo ad esserne contento. I problemi sul tavolo tali restano però. Mi auguro che dell’argomento si continui a parlare anche dopo di essa. Faccio i miei personali migliori auguri (e quelli dell’AIF) agli studenti. E attendo le proteste scandalizzate di un buon numero di colleghi.