Henri Antoine Becquerel
Discendente da una famiglia di scienziati, il nonno era César Antoine Becquerel e il padre Edmond Alexandre Becquerel, ricevette un’ottima educazione sia famigliare che scolastica al Lycée Louis le Grand.
Entrò all’École Polytechnique nel 1872 e poi studiò ingegneria alla École Nationale des Ponts et Chaussées, ottenendo il titolo di ingegnere nel 1877.
Nel 1874 si era sposato con Lucie Zoe Jamin, figlia di Jules Jamin, un suo professore di fisica all’École Polytechnique, e nel 1878 ebbe un figlio, Jean Antoine, che diventerà anch’egli scienziato. Rimasto vedovo si sposerà nel 1890 con Louise Désirée Lorieux.
Inizialmente, dal 1875 al 1882, si dedicò a ricerche di ottica, in particolare sulla rotazione del piano di polarizzazione della luce mediante campi magnetici, come assistente alla cattedra del Museo di Storia naturale retta prima dal nonno poi dal padre. Nel 1883, seguendo la tradizione familiare, si dedicò allo studio della luce emessa da cristalli fluorescenti o fosforescenti se sottoposti all’infrarosso e nel 1886 all’assorbimento della luce da parte di cristalli, argomento della tesi per il dottorato che ottenne nel 1888.
Nel 1889 fu nominato all’Accademia delle Scienze di Parigi e nel 1892 succedette al padre, sia alla cattedra del Museo di Storia Naturale sia a quella di fisica applicata del Conservatoire des Arts et Métiers. Nel 1895 ottenne anche la cattedra all’École Polytechnique.
Subito dopo la scoperta dei raggi X da parte di Röntgen, nel 1895, discutendo con Henri Poincaré sulla fluorescenza che si verificava sul tubo a vuoto dove veniva colpito dai raggi, decise di intraprendere uno studio sulla relazione tra fluorescenza e raggi X.
Espose al sole dei sali di uranio, che aveva ereditato dal padre, e li pose su di una lastra fotografica schermata da carta nera, notando che la lastra risultava impressionata. Comunicò all’Accademia delle Scienze che ‘la sostanza fosforescente emette radiazioni che attraversano la carta opaca’.
A causa dell’assenza di sole per alcuni giorni, ripose i suoi campioni, sempre sopra la lastra schermata, in un cassetto e quando li riprese volle sviluppare le lastre notando un intenso annerimento che non si aspettava.
Capì subito che si trattava di un fenomeno interamente nuovo, i sali emettevano radiazioni anche al buio. Studiò numerosi materiali di uranio trovando che il fenomeno si manifestava sempre e annunciò i suoi risultati il 2 marzo 1896.
Una studentessa polacca, Maria Sklodowska, moglie del suo collega Pierre Curie scelse la nuova radiazione, chiamata inizialmente raggi Becquerel, come oggetto per la tesi di dottorato trovando che anche il torio emetteva tali radiazioni.
In seguito i coniugi Curie isolarono dalla pechblenda elementi ancora più attivi chiamandoli polonio e radio e chiamarono tale fenomeno radioattività.
Nel 1899 scoprì che i raggi emessi da materiali radioattivi ionizzavano i gas e potevano essere deflessi da campi magnetici ed elettrici, a volte in un verso e a volte in verso opposto, e nello stesso anno Ernest Rutherford li chiamò radiazioni α e β.
Nel 1901 dopo avere notato, sulla propria pelle, ustioni prodotte dalla manipolazione di ampolle contenenti sostanze radioattive, indagò insieme a Pierre Curie gli effetti dei raggi su cellule animali.
Nel 1903 ottenne, insieme ai coniugi Maria e Pierre Curie, il Premio Nobel per la fisica in riconoscimento degli straordinari servizi che ha reso con la sua scoperta della radioattività spontanea.
Nel 1908 venne eletto segretario permanente e a vita dell’Accademia delle Scienze, ma nello stesso anno morì prematuramente all’età di 56 anni.
Aveva ottenuto nel 1900 la medaglia Rumford della Royal Society e nello stesso anno la Legion d’Onore. Era membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Accademia di Berlino e altre.
L’unità SI per la radioattività, in suo onore è stata chiamata becquerel (1 Bq = 1 disintegrazione/s).