William Thomson (Lord Kelvin)
Figlio di James Thomson, professore di ingegneria all’Università di Belfast e poi di matematica all’Università di Glasgow. La madre morì quando aveva sei anni e da allora la sua educazione fu affidata al padre, uomo severo e di rigidi principi presbiteriani, il quale, tuttavia, ebbe ottimi rapporti col figlio a cui insegnò la matematica tanto da portarlo, già da bambino, a conoscere anche i più recenti sviluppi.
William frequentò l’Università di Glasgow a partire dagli 11 anni, fatto non del tutto straordinario in quanto a quel tempo in Scozia le Università accoglievano i più brillanti scolari fin dai primi anni, ma solo a 14 anni iniziò i corsi propriamente universitari di astronomia, chimica e successivamente filosofia naturale (fisica). Un suo saggio sulla forma della Terra gli valse un premio dell’Università a 15 anni e conteneva idee pregevoli che rielaborò più tardi. A 16 anni studiò La teoria analitica del calore di Fourier e La meccanica celeste di Laplace, con “reverenza” – come scrisse più tardi – per l’approccio matematico alla fisica dei grandi fisici matematici francesi.
Nel 1841 entrò a Cambridge e pubblicò il primo lavoro Fourier’s expansions of functions in trigonometrical series e, l’anno dopo, il più importante On the uniform motion of heat and its connection with the mathematical theory of electricity, nei quali, incoraggiato dal suo tutore William Hopkins, contrastava la tradizione matematica di Cambridge che, nonostante i tentativi di Babbage e Herschel, non includeva la nuova fisica-matematica francese e lo studio di calore, elettricità e magnetismo. A Cambridge si distinse anche per le attività sportive e fece parte dell’equipaggio vincitore della annuale sfida di canottaggio con Oxford.
Ottenne il diploma nel 1845 (secondo in graduatoria di merito) e, dato il suo interesse per l’approccio francese, si recò a Parigi dove lavorò con Regnault e discusse con Biot, Cauchy e soprattutto con Liouville, che gli prospettò il compito di conciliare le idee di Faraday, Poisson e Coulomb sull’elettricità, idee di azione a distanza, di etere e di fluido elettrico. Thomson iniziò così a riflettere a fondo sulla metodologia della fisica e sui rapporti tra la ‘parte matematica’ e la ‘parte fisica’.
Nel 1846 si rese vacante la cattedra di filosofia naturale a Glasgow e il padre usò la sua influenza all’interno dell’Università per fare avere il posto al figlio che lo mantenne per 53 anni fino al pensionamento, anche se continuò fino alla morte ad avere rapporti con l’Università. (Per molti anni nella stessa Università insegnavano contemporaneamente il padre e il fratello maggiore, professore di ingegneria!)
Negli anni seguenti collaborò con Stokes in studi di idrodinamica applicati all’elettricità e alla teoria atomica, e la loro collaborazione continuò per oltre cinquant’anni con una fitta corrispondenza su tutti i temi scientifici (più di 650 lettere sono state pubblicate in seguito).
Nel 1848 i suoi studi di termodinamica, in particolare la teoria di Sadi Carnot sviluppata da Clapeyron, lo portarono a proporre una scala assoluta di temperatura ora nota come ‘scala Kelvin’, meglio definita dopo la comprensione del principio di conservazione dell’energia e l’elaborazione della teoria cinetica dei gas. Nel 1851, sempre riflettendo sulle idee di Carnot, formulò la sua versione del secondo principio della termodinamica.
Nel 1852 osservò quello che ora è chiamato effetto Joule-Thomson, cioè il raffreddamento di un gas quando si espande nel vuoto. Le idee di Joule sul calore lo influenzarono fino a portarlo verso una teoria dinamica del calore: “fino al 1847 non sapevo che il moto è l’essenza di quella che viene chiamata materia, ad Oxford (meeting della British Association) imparai da Joule la teoria dinamica del calore e fui costretto ad abbandonare molte, e gradualmente tutte, le concezioni statiche riguardanti le cause di molti fenomeni apparentemente statici”.
La teoria dinamica del calore lo portò a pensare ad una teoria dinamica dell’elettricità e magnetismo che espose in un lavoro presentato alla Royal Society. In esso spiega la sua idea di elettricità: “noi possiamo concepire l’elettricità non come un accidente, ma come l’essenza della materia. Qualunque cosa essa sia, sembra certo che l’elettricità in movimento è calore e in qualche modo magnetismo…”. Questo lavoro è importante perché queste idee portarono Maxwell a sviluppare la sua teoria elettromagnetica.
Thomson tuttavia non accettò mai in pieno la teoria di Maxwell, che pure aveva contribuito a creare, perché continuò a sviluppare le sue personali convinzioni che sperava lo portassero ad una teoria unificata di elettricità, magnetismo, luce, gravità, calore e fenomeni chimici; speranze che però gradualmente si spensero. Nonostante ciò i suoi meriti nella teoria elettromagnetica sono spesso sottostimati, egli infatti fu il primo a tentare di trattare matematicamente le idee di Faraday sulle linee di forza e presentò a Maxwell i problemi del campo elettromagnetico, non solo tramite i suoi lavori, ma anche discutendone personalmente.
Nell’insegnamento a Glasgow introdusse importanti innovazioni: fu il primo a introdurre corsi di laboratorio distinti da quelli matematici, organizzò premi e concorsi tra gli studenti, presentò sempre, anche nelle sue lezioni, una visione unificata dei fenomeni fisici, sottolineando le idee fondanti. Insieme a Tait progettò un testo di fisica, Treatise on Natural Philosophy, che doveva coprire tutte la fisica, ma si fermò ai primi due volumi su cinematica e dinamica, che tuttavia furono le basi per la formazione di numerose generazioni di scienziati.
Il suo interesse per la strumentazione scientifica (fondò anche una ditta, la Kelvin & White, tuttora esistente) lo portò a costruire il galvanometro a specchio che prende il suo nome e fu usato nella trasmissione di segnali sottomarini via cavo. Fu coinvolto da un gruppo di industriali nel progetto di trasmissione via cavo tra Irlanda e Terranova con incarichi direttivi e di consulenza scientifica e dopo tentativi andati a vuoto, con l’uso del suo galvanometro fu possibile inviare segnali nel 1865.
Per questa sua attività fu nominato, nel 1866, Barone di Kelvin di Largs, e in seguito fu noto col suo titolo nobiliare di Lord Kelvin. (Il Kelvin è il fiume che scorre tra i terreni dell’Università di Glasgow e Largs è la città sulla costa scozzese dove Thomson aveva costruito la sua residenza). Oltre agli onori la sua partecipazione al progetto di cavo transatlantico gli portò anche una notevole ricchezza che gli permise di acquistare una tenuta con una grande casa e uno yacht (il Lalla Rookh).
Thomson pubblicò oltre 600 lavori, fu eletto membro della Royal Society nel 1851, presidente dal 1890 al 1895, ricevette la Medaglia Copley (una specie di Premio Nobel dell’800) nel 1883. Ovviamente, come eminente fisico scozzese fu presidente della Royal Society di Edimburgo fino alla morte e anche presidente della British Association for the Advancement of Science.
D’altra parte di lui si ricordano anche le ‘battaglie perse’, specialmente al termine della carriera, come l’errato calcolo dell’età della Terra e del Sole che lo pose in aperto contrasto con le idee di Darwin, il suo rifiuto per l’ipotesi atomistica o la sua opposizione alle idee di Rutherford sulla radioattività.
Data la sua lunga vita e la sua fama, era considerato il più potente e influente scienziato inglese della seconda metà dell’ottocento e alla fine del secolo pronunciò il suo famoso discorso sulle due “nubi” che oscuravano le, peraltro ben fondate, teorie elettromagnetica e termodinamica , cioè il problema dell’etere e dei calori specifici dei solidi, nubi dissolte soltanto dai lavori di Einstein, cioè dall’irrompere sulla scena della teoria della relatività e della teoria quantistica .
È sepolto, insieme a Newton, Maxwell e altri grandi scienziati inglesi, nella Abbazia di Westminster.
In suo onore l’unità di misura di temperatura nel SI è chiamata kelvin.