Valentino Francesco Cerruti
Terzogenito di Agostino, umile operaio tessile, e di Angela Maria Cerruto, il padre fece ogni sacrificio perché potesse studiare al liceo di Biella. Concluso brillantemente il liceo, vincendo anche un premio di latino, si iscrisse ad ingegneria all’Università di Torino nel 1868, grazie ad una borsa di studio del Collegio delle Provincie. Già da studente pubblicò alcuni articoli di geometria analitica sul Giornale di Matematiche.
Conseguì la laurea in ingegneria civile a pieni voti nel 1873, con una tesi sui sistemi elastici articolati, poi pubblicata. Nella stessa sessione Carlo Alberto Castigliano presentò un’altra tesi sui sistemi elastici, dove dimostra il teorema del minimo lavoro di L. F. Menabrea. Entrambi i lavori furono spesso citati ed ebbero importanti conseguenze.
Dopo la laurea si trasferì a Roma per dare ripetizioni ai figli di Quintino Sella, suo conterraneo biellese di Valle Mosso, allora Ministro delle Finanze e, nel dicembre 1873, fu nominato assistente alla cattedra di idraulica alla Scuola di Applicazione per Ingegneri di Roma dove, l’anno successivo, ottenne l’incarico di fisica tecnica insieme alla carica di dirigente delle esercitazioni di idraulica e topografia e di segretario della Scuola stessa. Nel 1877 fu nominato professore straordinario di meccanica razionale e nel 1881 divenne ordinario.
Nel 1880 fu chiamato a collaborare con Luigi Cremona, matematico e futuro ministro (fratello del pittore Tranquillo Cremona) alla riorganizzazione della Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele” che, in quegli anni, si trovava in una situazione critica a causa di scandali legati a furti di libri, all’incapacità dei bibliotecari e, in generale, alla confusione che regnava al suo interno. Cremona era stato direttore della Scuola per ingegneri, dove aveva apprezzato il lavoro organizzativo di Cerruti.
Cerruti e Cremona, su incarico del Ministro dell’Istruzione Pubblica Francesco de Sanctis, chiusero la biblioteca e operarono un radicale riordinamento che terminò con la nomina del nuovo Direttore, Domenico Gnoli, nel 1881.
Nel 1883 venne nominato commissario straordinario per il riordinamento della Biblioteca Alessandrina di Roma: nella relazione che presentò al Ministro dell’Istruzione accusò di irregolarità amministrative dolose il direttore Enrico Narducci, prima sospeso e poi assolto.
Nel 1886 fu chiamato dal ministro Coppino a ricoprire il posto di Segretario generale del Ministero dell’Istruzione Pubblica, rimasto vacante per le dimissioni di F. Martini, suscitando in Parlamento notevoli critiche per una decisione che sembrava andare contro la consuetudine e la prassi ministeriale. Coppino replicò affermando che casi del genere avvenivano anche in altri ministeri per la necessità di scegliere, al di fuori dell’organico, collaboratori di piena fiducia e di sicura capacità amministrativa, come era appunto Cerruti.
Nel novembre 1888 venne eletto Rettore dell’Università di Roma. Propose subito la costruzione di una "città universitaria" nella zona del Castro Pretorio, ma il progetto fu rinviato. La sua preoccupazione era che all’università penetrassero fermenti sovversivi, così denunciò il contenuto "rivoluzionario" delle lezioni di storia di Antonio Labriola e vietò perfino una manifestazione interna in commemorazione di Guglielmo Oberdan, che pure era stato suo allievo e suo protetto alla Scuola di ingegneria.
Scaduto l’incarico di Rettore nel 1882, fu eletto Preside della Facoltà di scienze nell’anno accademico 1897-98 e, successivamente, ancora Rettore dal 1900 al 1903.
Dal 1889 era anche consulente dell’edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei promossa dal Ministero dell’Istruzione Pubblica e diretta da Antonio Favaro.
Nel 1901 divenne presidente della Società degli ingegneri e architetti italiani, dal 1899 al 1902 e dal 1905 al 1908 fu membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e della Giunta del Consiglio stesso.
Il 21 novembre 1901 fu nominato Senatore. In tale veste fu relatore della legge per l’istituzione del Politecnico di Torino e studiò la sistemazione del fiume Tevere.
Nel 1903 venne chiamato alla direzione della Scuola di ingegneria di Roma, succedendo a Luigi Cremona; a lui è dovuta la sistemazione della biblioteca della scuola.
Fu membro e socio della Accademia dei XL, corrispondente dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, socio dell’Accademia Leopoldina-Carolina di Halle, socio dell’Accademia dei Lincei dal 1890.
La sua attività scientifica è prevalentemente dedicata alle ricerche sulla teoria matematica dell’elasticità.
Subito dopo la tesi di laurea, scrisse Sopra un teorema del sig. Menabrea (Atti Accad. dei Lincei, 1875). Menabrea, nei suoi scritti precedenti il 1875, aveva enunciato il suo teorema in una forma generale comprendendovi qualunque sistema elastico. Le sue dimostrazioni non erano però rigorose; la successiva dimostrazione, dovuta come si è detto a C. Castigliano, è rigorosa e sarebbe soddisfacente dal punto di vista algebrico, ma non mostra come il teorema dipenda dai principi generali della teoria dell’elasticità, né giustifica l’estensione del teorema al caso di un corpo continuo. A tutte queste lacune rispose il suo lavoro che costituisce, insieme con quelli di Menabrea e di Castigliano, una pietra miliare del particolare settore.
Successivamente effettuò ricerche dinamiche sui moti di sistemi materiali ostacolati da resistenze del mezzo e sulle piccole oscillazioni di un corpo rigido libero.
Agli anni 1878-1879 appartengono i lavori: Nuovo teorema generale di meccanica, Sopra una trasformazione delle equazioni del moto di un punto materiale e Intorno ad una generalizzazione di alcuni teoremi di meccanica. È del 1880 l’opera Sulle vibrazioni dei corpi elastici isotropi che costituisce forse la sua opera fondamentale. Con essa infatti riuscì a trasferire il teorema sull’elasticità di Enrico Betti dal campo statico a quello dei fenomeni variabili col tempo. Disgraziatamente una svista gli fece omettere un termine nel calcolo, altrimenti avrebbe dato, due anni prima di Kirchhoff, l’espressione matematica del principio di Huygens.
Oltre a questi pubblicò circa altri quaranta lavori, ricordati nella relazione presentata da Marcolongo al Congresso della Società italiana delle Scienze, a Parma, nel 1907.
Loda, chi avvicinò questo figlio del forte Piemonte, la dolcezza in lui degli affetti domestici, la mitezza dell’animo, benché risoluto, la lena al lavoro, la sobrietà, l’ideale della patria, pur nel credente, sovrano. Raccolto, guardingo, avverso al patteggiare, dignitoso, non aveva clientela di adulatori, ma fidi amici ed ammiratori sinceri, che oggi lo piangono … Così lo ricorda il Presidente del Senato, Giuseppe Manfredi, nella sua commemorazione in aula.