Silvestro Gherardi
Figlio di Giovanni, commerciante, e di Teresa Pani, fin da giovanissimo mostrò interesse per le discipline scientifiche e dopo gli studi liceali si iscrisse all’Università di Bologna a soli 16 anni. Fu notato da Francesco Orioli che lo scelse come suo assistente e supplente alla cattedra di Matematica e Astronomia prima della laurea.
Si laureò il 20 dicembre 1822, a 20 anni, in Scienze Matematiche e Naturali e subito fu assunto come ripetitore di fisica. Dopo un lavoro di matematica pubblicò nel ‘24 la traduzione italiana del Trattato di elettricità dinamica di Jean Baptiste Demonferrand e nel ’25 un lavoro dove difende le tesi di Jean Marie Ampère contro le obiezioni poste da Leopoldo Nobili e rivendica al primo l’invenzione del galvanometro, ammettendo però i notevoli miglioramenti portati da Nobili.
Nel 1827 fu nominato titolare della cattedra di Matematica e Idraulica e nel ’29 chiamato a far parte dell’Accademia delle Scienze di Bologna.
Il suo maestro Orioli, fervente liberale, lo avvicinò alle istanze patriottiche che lo portarono ad avere parte attiva nei moti del 1831, in particolare alla cosiddetta ‘rivoluzione dei 44 giorni’ scoppiata il 4 febbraio in tutta l’Emilia-Romagna.
Addirittura fu messo a capo, col grado di colonnello, del battaglione di studenti universitari, la ‘Legione Pallade’. Organizzata come un vero corpo militare, formata da una settantina di elementi al momento della sua massima espansione, fu affidata per l’addestramento a Domenico Brighenti, segretario dell’Accademia di Belle Arti, in quanto Gherardi si dimostrò timido, indeciso e impreparato in questioni militari. All’inizio venne utilizzata con funzioni di tutela dell’ordine pubblico cittadino. Non avendo una loro divisa, i giovani della Legione erano individuabili per la fascia tricolore che portavano al braccio. Il 6 marzo la Legione Pallade fu chiamata ad una vera e propria azione militare: i giovani studenti partirono verso Ravenna, dove entrarono il 10, mentre il 12 marzo ripresero, al grido di “Viva la libertà, viva l’Italia”, il controllo della cittadina di Argenta, che era stata ricondotta sotto l’ordine pontificio, dove innalzarono il tricolore sul palazzo municipale. Rientrati in Bologna vennero salutati dalla città con grandi onori, ma per loro era vicina la fine di un’esperienza tanto esaltante. Furono tra quanti vissero la capitolazione di Ancona, poi si sciolsero e rientrarono alla spicciolata a Bologna tra la fine di marzo e il principio di aprile.
Qui, con la restaurazione del dominio ecclesiastico protetto dalle truppe austriache, li attendeva la repressione: con la chiusura dell’Università e dell’Accademia di Belle Arti ordinata dal cardinal Opizzoni, Legato pontificio, molti professori compromessi nei moti vennero allontanati dall’Università; a Orioli, Gherardi ed altri venne sospeso lo stipendio.
In seguito Gherardi, per le sue doti e per l’attenuante della sua giovane età fu riammesso all’insegnamento e nel ’32 ottenne la cattedra di Fisica generale e la Direzione del gabinetto di fisica precedentemente tenuti del suo maestro Orioli, che era finito in esilio.
Riprese quindi l’attività scientifica, riorganizzando e ampliando il gabinetto di fisica ed interessandosi alla nuova scoperta dell’induzione elettromagnetica di Faraday. Pubblicò una dissertazione sull’argomento (in latino), nel ’35 presentò un galvanometro moltiplicatore, miglioramento di quello di Schweigger, e nel ’39 Experimenta Thermo-electrica.
Nel 1841 curò, per l’Accademia delle Scienze, la pubblicazione delle Opere edite e inedite di Luigi Galvani contenente nuovi manoscritti donati da Giovanni Aldini, nipote di Galvani. Questo è il suo primo contributo alla storia della scienza che poi coltivò con passione.
I moti del 1848-49 lo videro ancora in prima fila, fu nominato Maggiore della Guardia Civica e, di nuovo, comandante del battaglione degli studenti. Fece poi parte del Comitato di Salute Pubblica che nell’agosto del ‘48 sconfisse gli austriaci.
Nel 1849 fu chiamato, come deputato, alla Camera della Repubblica Romana, fu membro della Costituente e ministro della Pubblica Istruzione del Governo della stessa Repubblica Romana. Durante il suo breve ministero si occupò della riforma dell’istruzione secondo i principi del libero insegnamento e propugnò la bonifica dell’Agro Romano.
Partecipò alla difesa di Roma e, alla sua caduta il 3 luglio, passò insieme ad altri alla difesa di Venezia. Alla caduta di quest’ultima (24 agosto), destituito dall’insegnamento, dovette fuggire rifugiandosi a Genova, dove insegnò fisica prima nelle scuole civiche e quindi nella Regia Scuola di Marina.
Nel 1857 si trasferì nel Regno di Sardegna e fu chiamato dal Ministro Lanza alla cattedra di Fisica generale e sperimentale presso l’Università di Torino e alla direzione del Gabinetto scientifico.
A Torino, insieme a Carlo Farini, collaborò alla preparazione della Seconda Guerra d’indipendenza e fu nella deputazione della Romagna in missione presso l’Imperatore Napoleone III.
Dopo l’unità d’Italia fu deputato per la Romagna al primo parlamento, nella settima e ottava legislatura.
Nel 1861 fu collocato a riposo dall’Università ed ebbe vari incarichi in giro per l’Italia ormai unita; in particolare a Firenze, nel periodo in cui fu Capitale, fu chiamato all’Istituto Tecnico Toscano, e sotto la sua direzione la collezione ebbe un consistente incremento e così il Gabinetto di Fisica divenne il luogo di eccellenza per lo studio e la ricerca della fisica a Firenze fino ai primi decenni del secolo scorso (ancora visitabile presso la Fondazione Scienza e Tecnica).
In questo periodo studiò e scoprì documenti relativi a Galileo e al suo processo, soprattutto visto come pensatore libero e laico, avviando la sua riscoperta e rivalutazione di fine Ottocento.
Fu anche uno degli incaricati di studiare gli archivi e il laboratorio di Volta a Pavia, scrisse una storia della facoltà matematica di Bologna, tradotta anche in tedesco, e tra l’altro gli si deve la conservazione dei testi sulle dispute tra Tartaglia e Ferrari sulla risoluzione delle equazioni cubiche (1547). Riordinò e pubblicò anche l’opera omnia di Morgagni.
Ricevette varie onorificenze dall’Istituto delle Scienze di Francia, fu per 5 volte presidente dell’Accademia delle Scienze di Bologna, e membro dell’Accademia dei Lincei.
Per natura buono, anzi benevolo, amò la patria e la scienza, la virtù e la verità, la famiglia e gli amici. I suoi scolari lo avevano come padre … dal necrologio letto da Quintino Sella all’Accademia dei Lincei (Atti dell’Accademia dei Lincei, 1879-80).