Shuji Nakamura (中村 修二)

Nato in un piccolo paese agricolo sul Pacifico, nell’isola di Shikoku; il padre era un tecnico della compagnia elettrica locale e da lui imparò con passione a costruire giocattoli e apparecchi di legno, ma a scuola era abbastanza svogliato e fino alle superiori il suo principale interesse era la pallavolo.

Per prepararsi agli esami di diploma il suo professore di matematica e scienze, le uniche materie in cui era dotato, gli consigliò di smettere di giocare a pallavolo e concentrarsi sullo studio, ma non volle abbandonare la squadra e così ottenne voti mediocri che non gli permisero di entrare alle università più prestigiose.

Voleva diventare fisico teorico o matematico, ma gli fu detto che queste carriere non gli avrebbero dato da vivere, mentre con ingegneria era più facile trovare un lavoro. Scelse però ingegneria elettronica che trovava più vicina alla fisica ed entrò nel 1973 alla Università di Tokushima, una università statale locale, dove molti insegnanti erano stati insegnanti di scuola superiore e i libri erano obsoleti.

Doveva frequentare corsi generali, compresi quelli di arte che detestava, così non comprendendo perché dovesse studiare cose che non lo interessavano, smise di frequentare e studiò per suo conto, soprattutto fisica. Al terzo anno finalmente trovò un corso sui semiconduttori che lo affascinò e decise di proseguire fino alla laurea (M.E.) che ottenne nel 1979, con una tesi sui meccanismi di conduzione dell’ossido di titanio e bario col Professor Osamu Tada. Voleva dedicarsi alla teoria, ma dal professore imparò il lavoro ‘sporco’ di laboratorio, spesso con pezzi ottenuti da vecchie radio o televisori.

Cercò un impiego in una delle industrie di elettronica giapponesi, ma Sony non assumeva laureati dalle università locali, alla Matsushita fece l’errore di spiegare gli aspetti teorici del lavoro di tesi, e gli fu detto che non avevano bisogno di teorici, alla Kyocera fu preso, ma non volle lasciare la sua isola per vivere a Kyoto.

Alla sua università non c’erano posti per ingegneri elettronici, ma il suo professore Tada lo presentò ad una sconosciuta industria chimica locale, la Nichia, che finalmente lo assunse nel 1979.

La ditta produceva fosfori per schermi TV a colori e lampade fluorescenti, lui fu assegnato al reparto sviluppo, due addetti, con l’incarico di raffinare gallio e poi produrre fosfuro di gallio, materiale usato per i LED verdi e rossi.

Non sapendo nulla sui LED, dovette iniziare da capo e, siccome il budget per le attrezzature era praticamente nullo, si arrangiò con materiale di recupero, tra frequenti esplosioni, ma riuscì a produrre fosfuro di gallio commerciabile.

Si dedicò quindi all’arseniuro di gallio, usato anch’esso per i LED infrarossi, tipicamente per i telecomandi, ma anche per i diodi laser usati con le fibre ottiche, e quindi con un mercato più vasto.

Fortunatamente l’arsenico, a differenza del fosforo, non esplode, ma sfortunatamente è velenoso e richiedeva grandi precauzioni nel trattamento.

Riuscì anche qui nella produzione, ma per scoprire che il mercato era saturo e quindi propose di fabbricare direttamente i LED invece che produrre il materiale.

Dopo avere fatto varie prove e costruiti i primi prototipi, che vennero inviati a laboratori esterni per le misure delle caratteristiche, pensò che sarebbe stato importante avere un laboratorio attrezzato anche per queste misure. Al diniego da parte dei dirigenti, decise di chiedere direttamente al vecchio fondatore e proprietario, Nobuo Ogawa, che inaspettatamente concesse i fondi.

La politica della ditta era di non pubblicare lavori per non rivelare segreti industriali e, per lo stesso motivo, non chiedere brevetti, così lui si trovava dopo dieci anni di lavoro senza nessuna pubblicazione e nessun merito professionale riconosciuto.

Decise quindi di presentare al Presidente una audace proposta: produrre il primo LED brillante blu, con una richiesta di un budget di circa 100 milioni di yen, allora circa 4 milioni di dollari, il due per cento delle vendite annuali. A sorpresa la proposta fu accettata.

Costruito quindi il laboratorio e acquistate le attrezzature per la tecnica MOCVD (metal-organic chemical vapor deposition), fu contattato per consigli un esperto in quella tecnica, Shiro Sakai, una vecchia conoscenza dell’Università, allora professore a Tokushima e in anno sabbatico in Florida.

Così nel 1988 Sakai lo invitò a Gainesville, in Florida, per imparare e perfezionarsi nella MOCVD. Era il suo primo volo aereo e temeva anche per il suo scarso inglese, inoltre si trovava, a 34 anni, a lavorare con ricercatori venticinquenni, in gran parte dottorandi, mentre lui non era formalmente né studente, né post-doc, non avendo un Ph.D., ma ‘ricercatore ospite’. Da principio era trattato con rispetto perchè più anziano, poi, dopo avere scoperto che non aveva un dottorato, come un tecnico; in compenso aveva una esperienza pratica decennale, mentre loro non sapevano dove mettere mano.

In realtà scoprì che le attrezzature per MOCVD dovevano essere ancora costruite e quindi impiegò gran parte del previsto anno di soggiorno nella messa a punto, acquisendo però una grande esperienza pratica, senza mai rivelare la sua intenzione di costruire LED blu.

Tornò alla Nichia e, arrivate le attrezzature, occorreva scegliere il materiale da usare tra seleniuro di zinco (ZnSe) e nitruro di gallio (GaN); per entrambi non era stato ancora ottenuto un cristallo di tipo-p, e non poteva prevedere che quello stesso anno ricercatori vicino a casa vi sarebbero riusciti per il GaN e l’anno dopo per lo ZnSe.

Inoltre c’era il problema del substrato su cui costruire il LED: non era possibile usare ZnSe o GaN e qualsiasi materiale estraneo produceva difetti che impedivano l’emissione di luce. Con lo ZnSe si usava arseniuro di gallio e il problema era minore, con GaN si usava zaffiro con un numero troppo grande di difetti.

Tutti i gruppi che lavoravano in quel campo, RCA, Bell Labs,  Matsushita, abbandonarono quindi il GaN non sapendo che, nonostante la teoria, per esso i difetti non erano un problema. Nakamura scelse la strada del GaN, non tanto perché sperava fosse la migliore, ma perché non voleva seguire una strada sulla quale gli altri erano più avanzati e che sarebbe stata, anche se avesse avuto successo, commercialmente perdente.

Inoltre, dopo l’esperienza della Florida, voleva conseguire il Ph.D. (riuscì in effetti ad ottenerlo nel 1994 dall’Università di Tokushima) e per questo occorrevano almeno cinque pubblicazioni, ma sarebbe stato difficile pubblicare qualcosa di nuovo nel settore dello ZnSe, sul quale c’erano già troppe pubblicazioni.  

Alla Nichia nessuno sapeva qualcosa di semiconduttori e quindi aveva libertà di scelta, e con un duro lavoro, dalle 7 del mattino alle 7 di sera, da solo, modificò l’attrezzatura per MOCVD e, nonostante le pressioni dell’azienda per i tanti fallimenti, riuscì finalmente a produrre un film di cristalli di GaN con una mobilità elettronica molto migliore di quanto fino ad allora ottenuto dai ricercatori di Nagoya, il Professore Isamu Akasaki e il suo studente Hiroshi Amano, che poi condivideranno con lui il Nobel.

Mentre Akasaki e Amano usavano come strato tampone tra lo zaffiro e il GaN il nitruro di alluminio, lui, sapendo che fare allo stesso modo avrebbe prodotto problemi con il brevetto, riuscì ad usare uno strato di GaN. Doveva inoltre produrre GaN di tipo-p ma non voleva usare, come i colleghi, l’irradiazione con elettroni che era una grande scoperta scientifica, ma un procedimento troppo lento e poco efficiente per la produzione industriale.

Riflettendo sul metodo del fascio elettronico per ottenere GaN di tipo-p pensò che il risultato fosse dovuto al calore e provò con la ricottura del materiale ottenendo un tipo-p di migliore qualità e soprattutto con un metodo semplice applicabile alla produzione industriale. Riuscì anche a spiegare il meccanismo della trasformazione in tipo-p, da vent’anni ignoto.

Nel luglio 1991 ottenne un LED che emetteva luce blu-violetta, non brillantissimo, ma molto più dei convenzionali LED a silicio e con una durata di circa 1000 ore.

Alla prima Conferenza sui nitruri a St. Louis nel 1992 presentò il suo prototipo di LED blu-violetto, accolto con una ovazione dall’uditorio e al ritorno affrontò la fase più difficile, quella di renderlo più brillante e più blu.

La soluzione era di usare una doppia eterostruttura e incorporare indio, non facile però da realizzare perché nessuno era riuscito a produrre e depositare InGaN. Riuscì dove Akasaki e Amano avevano fallito e nel 1992 ottenne un LED blu cielo, con una intensità luminosa dell’ordine di grandezza della candela, rispetto alla millicandela dei precedenti LED, ben visibile alla luce del giorno.

Nel novembre 1993 la Nichia annunciò in una conferenza stampa l’inizio della produzione di LED blu, subito con un grande successo di vendite.

Nakamura continuò con nuovi progressi, nel 1994 annunciò un LED blu e blu-verde dell’intensità di due candele e l’anno dopo furono commercializzati i primi LED brillanti verde smeraldo e nel 1995 i primi LED brillanti a luce bianca, ottenuti mettendo fosforo giallo davanti a un LED blu. Questi aprirono la strada ad un nuovo enorme mercato, quello dell’illuminazione.

Forse però il suo maggiore risultato è stato lo sviluppo del laser blu. Un diodo laser al GaN è molto più complicato di un LED e allora ritenuto impossibile perché i difetti strutturali del materiale avrebbero impedito l’amplificazione della luce e inoltre non avrebbe retto alle alte correnti necessarie.

Ottenere un laser blu avrebbe aperto però un campo di applicazioni molto più vasto di un LED blu, in particolare nell’archiviazione di dati, e tutte le principali industrie elettroniche e di disk drive spendevano molte risorse nella ricerca.

Nel 1996 Nakamura presentò un prototipo di laser blu-violetto ad una Conferenza a Berlino e lo stesso anno Nichia iniziò la produzione. Senza la sua invenzione dello strato di InGaN non ci sarebbero stati LED blu/verdi/bianchi e diodi laser viola/blu/verdi e blu-ray DVD.

Nel 1999 lasciò la Nichia per accettare la cattedra di Professore di ingegneria elettronica e dei materiali all’Università di California a Santa Barbara (UCSB), continuando le ricerche sui dispositivi optoelettronici e su nuovi metodi di crescita di cristalli con i colleghi James Speck, Umesh Mishra e Steven DenBaars, come Direttore di ricerca del Solid State Lighting & Energy Electronics Center (SSLEEC).

Nel 2000 ottenne la cittadinanza americana, rinunciando a quella giapponese perché il Giappone non ammette doppia cittadinanza.

Nel 2001 citò in giudizio la Nichia per ottenere i benefici economici degli 80 brevetti ottenuti grazie al suo lavoro, che si stima avessero da allora portato alla ditta più di 120 miliardi di yen. La Corte stabilì che per la legge giapponese e per contratto i brevetti erano di proprietà della società di cui lui era dipendente, ma che, dato l’ammontare dei benefici che essa non avrebbe avuto senza il suo lavoro, a lui spettava una ricompensa di 20 miliardi di yen (circa 180 milioni di dollari all’epoca), poi concordata in appello nel 2005 a 9 milioni di dollari. La epocale sentenza apriva la strada a richieste simili da parte dei ricercatori giapponesi, che raramente avevano benefici personali dalle loro scoperte, e in altri paesi dove la legge sui brevetti favoriva le società, stimolando la nascita di ditte spin-off di proprietà degli stessi ricercatori, specie universitari.

Lo stesso Nakamura nel 2008, con Steven DenBaars e James Speck, ha fondato la Soraa Inc., una ditta operante nel campo dell’optoelettronica a stato solido nella Silicon Valley.

Attualmente Nakamura ha più di 200 brevetti USA e ha pubblicato circa 550 lavori.

È membro della National Academy of Engineering (NAE) e della National Academy of Inventors (NAI) e oltre al Nobel ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, quali il Charles Stark Draper Prize (2015), il Technology & Engineering Emmy Award (2012), il finlandese Millennium Technology Prize (2006), la Benjamin Franklin Medal in Physics dal  Franklin Institute (2002), il Jack A. Morton Award della IEEE (1997), il Premio Harvey da Israele (2009), il Global Energy Prize in Russia (2015) e l’Ordine della Cultura dall’Imperatore del Giappone nel 2014.

Nel 2014 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Fisica, insieme con Isamu Akasaki e Hiroshi Amano, for the invention of efficient blue light-emitting diodes which has enabled bright and energy-saving white light sources.