Rita Brunetti
Studiò al Liceo Beccaria di Milano e, conseguita la maturità classica, fu ammessa alla Scuola Normale di Pisa al corso di matematica, ma passò ben presto a fisica dove si laureò nel 1913. Tra i suoi insegnanti Augusto Raffaele Occhialini, Angelo Battelli e Antonio Garbasso, suo relatore della tesi sperimentale sulla spettroscopia.
Dopo la laurea ottenne il Premio Lavagna che le permise un anno di perfezionamento in fisica-matematica durante il quale studiò la scarica nei gas con metodi spettroscopici.
Nel 1915 ottenne un posto da assistente alla cattedra di fisica sperimentale dell’Istituto di studi superiori di Firenze, con sede ad Arcetri, diretto da Garbasso, centro degli studi sulla spettroscopia (fu frequentato anche da Fermi e Rasetti) e, poi, presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri dove, nel frattempo Garbasso aveva spostato la propria attività. Qui incontrò Antonino Lo Surdo il quale nel 1914, contemporaneamente a Johannes Stark, aveva scoperto il fenomeno della scissione delle righe spettrali in campo elettrico.
Durante la guerra 1915-18, restata praticamente sola a causa della partenza per il fronte di tanti ricercatori, tra cui lo stesso Garbasso, assunse compiti organizzativi e la direzione temporanea dell’Istituto, svolgendo però nel frattempo interessanti ricerche sulla spetttroscopia. In particolare studiò l’effetto Stark-Lo Surdo scoprendo nuove righe nell’elio, (questo risultato verrà ricordato da Fermi nel 1927) e la spettroscopia X, allora poco nota, mettendo a punto una tecnica sperimentale con l’uso di lamine di salgemma, lavoro che le fece meritare il premio Sella dell’Accademia dei Lincei nel 1917.
Nel 1923 conseguì la libera docenza in fisica sperimentale. A questo periodo risalgono le sue ricerche sulla spettroscopia d’emissione concernenti le relazioni fra le varie componenti della riga spettrale verde del mercurio e gli isotopi di tale elemento nonché sulla inversione della riga azzurra del mercurio.
Tra il 1924 e il 1926 iniziò una indagine per individuare l’elemento di numero atomico 61, la cui esistenza era prevista solo sulla base della tavola di Mendeleev, e grazie a ciò acquisì una notevole esperienza con le terre rare, elementi che hanno numero atomico compreso tra 57 e 71 e che presentano proprietà ottiche e magnetiche di grande interesse anche pratico.
I chimici Fernandes e Rolla nel 1924 richiesero il suo intervento, come esperta di spettroscopia X, per esaminare materiale che pensavano potesse contenere l’elemento non identificato, a cui dettero il nome di florenzio. Già nel ’24 pensava di avere identificato l’elemento, ma sussistendo dei dubbi, depositò la nota in plico chiuso presso l’Accademia dei Lincei, nel ’26 ritenne di avere la certezza dell’identificazione che fu annunciata da Rolla. La notizia suscitò grande clamore anche perché nello stesso anno B.S. Hopkins credette di averlo identificato e lo chiamò illinio. La presunta scoperta venne ridimensionata quando nel 1947, ad Oak Ridge, venne scoperto l’elemento 61 (denominato promezio) come prodotto di reazioni di fissione nucleare, e si notò che tutti gli isotopi del promezio sono fortemente radioattivi e quindi non stabili, rendendo poco probabile la sua presenza in natura in concentrazioni tali da permetterne la separazione chimica.
Al 1926 risale anche il suo primo lavoro sulle applicazioni medico-biologiche della fisica nucleare dal titolo: “Sull’azione biologica delle radiazioni dure”, seguito da numerosi altri.
Nel 1926 vinse la cattedra in fisica sperimentale e accettò il posto presso l’Università di Ferrara, dove intraprendeva la ristrutturazione dell’istituto. Per far fronte alla carenza di attrezzature trasferì per un breve periodo la sua attività di ricerca a Bologna, presso l’istituto di Fisica diretto da Quirino Majorana.
Nello stesso anno, cogliendo l’occasione della neonata Rivista del Nuovo Cimento, pubblicò un articolo intitolato “L’effetto Compton” dal quale emerge come sia data per acquisita la nuova teoria dei quanti, ormai promossa a teoria fisica in senso completo. L’articolo, dettagliato ed esaustivo, viene ricordato ancora da Enrico Fermi in un suo articolo sul comportamento corpuscolare della luce.
Nel ’28 ottenne il trasferimento a Cagliari dove continuò le ricerche precedenti e ne intraprese una nuova, in collaborazione con Zaira Ollano, sviluppando un fondamentale studio di H. Becquerel sul policroismo presentato dai sali di terre rare, e concludendo che esso era dovuto all’orientamento degli ioni nel campo elettrico intramolecolare. Fornì anche una prima spiegazione dello spettro di assorbimento di composti di terre rare in diversi stati termici e di aggregazione, in base all’azione del campo elettrico intramolecolare sui livelli energetici dello ione (“Osservazioni sullo spettro di assorbimento di composti di praseodimio in diversi stati di aggregazione”, Il Nuovo Cimento, 1928).
Inoltre la Brunetti mise in evidenza, per la prima volta in un composto solido, l’effetto Stark-Lo Surdo, determinando l’ordine di grandezza del campo elettrico intramolecolare. Tali risultati, derivati dal lavoro del 1928, coincidono con quanto concluse Jean Becquerel (figlio di Henry) nel 1929.
Si occupò successivamente della verifica sperimentale della legge di Curie secondo cui la suscettività di un corpo paramagnetico può variare con la temperatura (“La verifica della legge di Curie nella forma quantistica per lo ione trivalente del cerio”, Il Nuovo Cimento, 1929).
Tali studi sul paramagnetismo la portarono alla formulazione di una teoria che destò l’interesse di vari fisici, tra cui Sommerfeld (“Teoria del paramagnetismo per ioni soggetti ad azione molecolare forte”, in: Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, 1929). Che fossero ricerche di punta è dimostrato dal concomitante interesse dell’inglese Edmund Clifton Stoner e del francese Jean Becquerel. Fu però Stoner ad essere successivamente indicato come il precursore della teoria del magnetismo di Johnvan Vleck (Nobel 1977), mentre il lavoro in cui Rita Brunetti giungeva, pur con qualche differenza, alle stesse conclusioni di Storer non trovò grande riscontro presso la comunità scientifica internazionale e nemmeno nazionale.
A partire dal 1929 effettuò poi approfonditi studi sull’effetto Raman, scoperto nel 1928, per l’esame della costituzione dell’acido nitrico in soluzione acquosa.
Nel 1936 lasciò Cagliari per assumere la direzione dell’istituto di Fisica "Volta" a Pavia, coadiuvata dalla fedele Zaira Ollano.
Risalgono a questi anni i suoi viaggi di studio all’estero, a Parigi presso L’Institut du Radium e quello di De Broglie, a Cambridge presso il Cavendish Laboratory e in Germania all’Institut für Medizinische Forchung di Heidelberg e l’Institut für Physikalische Grundlagen der Medizin dove si convinse della necessità di una collaborazione sempre più stretta tra le discipline mediche, biologiche e fisiche.
Questo tema, insieme agli studi sui raggi cosmici, ambito in cui studiò il mesone servendosi della tecnica d’avanguardia delle emulsioni, particolarmente adatta per rilevare le tracce delle particelle veloci, caratterizzò gli ultimi anni della sua attività scientifica.
Notevole è anche la sua attività di alta divulgazione scientifica, con la pubblicazione di L’atomo e le sue radiazioni (Zanichelli, Bologna 1932), e Onde e corpuscoli (Hoepli, Milano 1936) che testimoniano lo sforzo di delineare un quadro delle innovazioni introdotte dalla meccanica quantistica, pur senza addentrarsi in questioni epistemologiche o teoriche, secondo una impostazione sperimentalistica: …la storia degli strumenti di fisica coincide con la storia della fisica stessa.
Socia dell’Accademia di Scienze fisiche dell’istituto di Bologna dal 1927, nel 1934 nominata membro per la fisica del CNR e, nel 1938, socia dell’Istituto lombardo di scienze e lettere. Dal 1926 era socia della Società Italiana di Fisica. Morì prematuramente nel 1942, probabilmente per cause professionali.