René Descartes (Cartesio)
Studiò nel collegio di gesuiti di La Flèche (una delle più celebri scuole d’Europa), appena fondato, dove si formò studiando i classici e la filosofia, ma poca matematica. Probabilmente, nonostante il corso di studi fosse improntato sulla filosofia aristotelica e scolastica, venne in contatto anche con Democrito, Epicuro, Empedocle, Avicenna ed Averroè e con l’Ottica di Witelo, nonché con il Sidereus Nuncius di Galileo. La sua salute era sin dall’infanzia precaria ed ebbe il permesso di rimanere a letto sino alle 11 di mattina, un’abitudine che mantenne per tutta la vita.
Cartesio si mostrerà poi deluso dell’insegnamento ottenuto: sono stato allevato nello studio delle lettere fin dalla fanciullezza, poiché mi si faceva credere che con esse si poteva conseguire una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò che è utile nella vita. Avevo un estremo desiderio di apprendere, ma non appena ebbi concluso questo intero corso di studi, al termine del quale si è di solito annoverati tra i dotti, cambiai completamente opinione: mi trovavo infatti in un tale groviglio di dubbi e di errori da avere l’impressione di non aver ricavato alcun profitto, se non scoprire sempre più la mia ignoranza.
Nel Metodo lamenterà poi che nelle scuole non si promuova lo spirito critico degli allievi.
In seguito studiò diritto presso l’Università di Poitiers, dove ottenne la laurea nel 1616. Si arruolò nel reggimento del principe protestante olandese Maurizio di Nassau-Orange, non perché convinto di intraprendere la carriera militare, ma perché era un centro di studi di ingegneria e meccanica (vi insegnava Simon Stevin).
Nel 1618 iniziò a studiare matematica e meccanica con lo scienziato olandese Isaac Beeckman e cominciò a pensare a raccordare i misteri della natura con le leggi della matematica, sperando di dischiudere con una medesima chiave i segreti dell’una e dell’altra. Il fervore di tale visione matematica dell’universo è tanto intenso che la celebra, come dichiara, in una serie di sogni.
Tra il 1620 e il 1628 viaggiò nel gran teatro del mondo, in Danimarca, Germania, Boemia, Ungheria, Italia (dove non incontrò Galileo) e Francia, dove a Parigi conobbe Mersenne che gli fece conoscere la Diottrica di Keplero. Si trasferì ancora in Olanda dove iniziò il suo trattato Le Monde, ou Traité de la Lumière col quale si proponeva, ambiziosamente, di spiegare tutti i fenomeni della natura, cioè tutta la fisica. Era quasi pronto quando gli giunse la notizia della condanna di Galileo che lo colpì profondamente: non mi è parso immaginabile che sia stato considerato un criminale solo per aver sostenuto il moto della terra e cadde in depressione.
Si legò in quel periodo alla sua domestica Helène Jans, dalla quale nel 1635 ebbe una figlia, Francine, che morì a soli 5 anni.
In Olanda aveva molti amici, tutti di fede calvinista, che lo convinsero a pubblicare le sue idee quindi, pur rimanendo fermo nel proposito di non pubblicare Le Monde, che uscì solo dopo la sua morte in forma incompleta, scrisse tre importanti trattati di carattere scientifico: la Diottrica, le Meteore e la Geometria, pubblicati anonimi a Leida nel 1637 come appendici al Discours de la méthode pour bien conduire sa raison et chercher la vérité dans les sciences (Discorso sul metodo).
La Dioptrique tratta di Ottica e, sebbene non venga citato nessuno scienziato precedente, in effetti non c’è molto di nuovo. Nota con il suo nome è la legge della rifrazione (rapporto costante dei seni degli angoli di incidenza e di rifrazione) scoperta indipendentemente da Willebrord Snell (Snellius), ma già presente in Tolomeo e Alhazen: tuttavia il suo approccio sperimentale si rivelò un importante contributo.
Les Météores tratta di meteorologia, per la prima volta su basi scientifiche. Anche se molte affermazioni sono sbagliate e possono facilmente essere smentite con semplici esperimenti, tuttavia stimolò i lavori sull’argomento di Boyle, Hooke e Halley.
La Géométrie è senza dubbio la parte più rilevante di questo lavoro e contiene l’applicazione dell’algebra alla geometria, che ora chiamiamo “geometria analitica” o “cartesiana”.
Successivamente, sentì la necessità di fornire una base metafisica alle sue teorie sul mondo naturale e pubblicò le sei Meditazioni metafisiche (1641) destinate a filosofi e teologi e i Principi di filosofia (1644), la sua opera più completa, in quattro parti (Principi della conoscenza, Principi delle cose materiali, Il mondo visibile, La Terra) che tenta di spiegare tutto l’universo su basi matematiche, riducendo tutto allo studio della meccanica. Il punto basilare, più controverso, è che Cartesio non credeva all’azione a distanza, quindi non poteva esistere il vuoto e doveva esserci un meccanismo per trasmettere la forza, per contatto: i suoi “vortici”.
La sua teoria dei vortici introdusse alcune interessanti considerazioni, come l’idea di “quantità di moto” conservata, tuttavia non resse all’analisi dinamica di Newton. Nonostante ciò le teorie cartesiane sopravvissero, soprattutto in Francia, per più di cento anni e la diffusione delle idee newtoniane fu molto rallentata, almeno fino all’opera di Voltaire. Più tardi, nell’Ottocento, esse influenzarono l’emergere del concetto di campo
Scrive Brewster: non meraviglia il fatto che le pure e sublimi dottrine dei Principia furono ritenute inaffidabili, le menti semplici non ammettono facilmente l’idea che le grandi masse dei pianeti siano sospese nello spazio vuoto e stiano nelle loro orbite per una invisibile influenza …
Cartesio tornò in Francia nel 1647 dove incontrò Pascal col quale discusse dell’esistenza del vuoto. Nel 1649 fu invitato alla corte di Stoccolma per dare lezioni di filosofia alla regina Cristina di Svezia, che però sembra lo costringesse ad alzarsi alle 5 del mattino, per cui non resse e, anche per il clima freddo, si ammalò di polmonite che volle curare da solo, ma morì l’anno seguente. Fu avanzata anche l’ipotesi di un omicidio per avvelenamento da arsenico da parte di un complotto cattolico integralista, ma non sembrano esserci fondamenti o prove.
Fu sepolto a Stoccolma, ma nel 1666 il suo corpo fu tumulato nella Basilica di Saint-Germain-des-Prés a Parigi.
Nel 1643 la filosofia cartesiana venne condannata dall’Università di Utrecht, e nel 1663 dalla Chiesa cattolica con la messa all’Indice delle sue opere (anche se con la clausola attenuante suspendendos esse, donec corrigantur).
Nel 1801 in suo onore la città natale fu ribattezzata La Haye-Descartes e nel 1966, semplicemente Descartes.