Pietro Blaserna
Figlio di Matteo, ingegnere idraulico impegnato in quell’anno a dirigere i lavori di arginatura dell’Isonzo, e di Caterina Dietrich, di origine tedesca, nacque a Fiumicello (in friulano Flumisel) allora parte dell’Impero Austro-Ungarico.
Frequentò il Ginnasio e Liceo a Gorizia per poi studiare matematica e fisica all’Università di Vienna, dove si laureò. Dal 1856 al 1859 fu assistente di Andreas von Ettinghausen a Vienna, occupandosi di ottica e di induzione elettromagnetica e si recò anche a Parigi presso il Collège de France per perfezionarsi in fisica sperimentale nel laboratorio di Henry Regnault.
Nel 1862 fu chiamato a Firenze presso l’Istituto Tecnico Superiore come professore di Fisica e l’anno successivo fu nominato Professore ordinario di Fisica sperimentale all’Università di Palermo (aprile 1863). A Palermo pubblicò vari lavori di elettricità, ottica tra cui uno Sulla polarizzazione della corona solare osservata in Augusta durante l’eclisse totale del 22 dicembre 1870 (Il Nuovo Cimento, 6 (1871)) e sul calore (Teoria dinamica del calore, 1872).
Nel 1872 fu chiamato all’Università di Roma, insieme al collega palermitano – il chimico Stanislao Cannizzaro – e al matematico Luigi Cremona, nel programma di rifondazione dell’ateneo romano dopo il 1870.
A Roma fondò l’Istituto di fisica sperimentale, chiamato Scuola pratica di fisica, e ne divenne il Direttore, mantenendo la carica fino alla morte nel 1918. L’Istituto ebbe sede prima nel fabbricato della Sapienza, poi, nel 1877 Blaserna e Cannizzaro individuarono una nuova sede sul colle del Viminale, in via Panisperna, inaugurata nel novembre 1881.
Fu anche Preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dal 1885 al ’91 e Rettore dell’Università dal 1874 al ’76.
Molto apprezzato come insegnante, spesso chi era stato suo allievo continuava a seguire le sue lezioni che si trasformavano in vere e proprie brillanti conferenze sui nuovi progressi delle scienze.
Come ricordò l’allora Ministro dell’Istruzione Agostino Berenini, egli concepì l’insegnamento come una missione, e dalla sua scuola uscì una schiera di discepoli che appresero dal maestro non soltanto l’amore della scienza, ma anche il modo di far valere la scienza come una energia operativa per il progresso economico e industriale della nazione. Questo ammirevole equilibrio fra le esigenze teoretiche e le esigenze pratiche della scienza, egli apprese dalla storia e dalla tradizione del nostro pensiero scientifico; storia alla quale egli ritornava ad ogni momento per attingervi sapienti ammaestramenti.
Inoltre Augusto Righi gli riconobbe un altro merito: …un’opera nobilissima della quale oggi (1918) si sentirebbe più che mai il bisogno, quella di incoraggiare i giovani fisici e di agevolare la loro carriera. Oggi, infatti, la fisica attraversa in Italia una gravissima crisi per il fatto che divengono di giorno in giorno più rari coloro che a questa scienza dedicano la loro attività…
L’istituto di fisica della Università di Roma divenne un modello per tutti gli altri perché prima l’insegnamento pratico della fisica in Italia quasi non esisteva e gli istituti erano poco dotati di mezzi e di locali; inoltre Blaserna fece in modo che tutti gli studenti delle diverse facoltà che dovevano frequentare il corso di fisica potessero eseguire esercitazioni pratiche per completare l’insegnamento orale, che è molto meno efficace se non è sussidiato da continui esercizi sperimentali.
Potenziò infine gli insegnamenti di fisica con l’ottenimento di una nuova cattedra di Fisica complementare (1899) che verrà assegnata prima ad Augusto Sella e poi a Orso Mario Corbino.
Nel 1891 fondò il Circolo Fisico di Roma con lo scopo di diffondere la cultura fisica e le scoperte che, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta, si andavano pubblicando nelle riviste straniere più prestigiose. Furono promossi cicli di conferenze, sia riservate ai soci del Circolo sia pubbliche. Rimasero celebri le conferenze sul radio, svolte negli anni 1897/98 e 1898/99 alla presenza della Regina Margherita.
Fu anche membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione dal 1886 al ’90.
Su incarico del Ministero partecipò alla spedizione per studiare l’eruzione dell’Etna del 1879; dallo stesso anno fu presidente del Consiglio Direttivo di Meteorologia. Nel 1883 fu presidente della Commissione Governativa per il terremoto di Casamicciola; è stato uno dei fondatori del Servizio Geodinamico in Italia per la rilevazione degli eventi sismici. Dal 1887 al 1907 fu Presidente del Consiglio di Meteorologia e Geodinamica.
Nel 1873 era stato eletto all’Accademia dei Lincei, della quale fu Vicepresidente dal 1900 al 1904 e quindi Presidente fino al 1916. Anche all’Accademia la sua opera organizzatrice si rivelò preziosa; dopo lo spostamento nella nuova sede di Palazzo Corsini sistemò infatti i locali, la biblioteca e le pubblicazioni, in particolare volle che i Rendiconti assumessero una puntuale periodicità quindicinale così da diffondere anche all’estero i lavori italiani nelle scienze fisiche e biologiche.
Tra i suoi libri di testo vanno ricordate le Lezioni sulla teoria cinetica dei gas (1882) e Teoria del suono nei suoi rapporti con la musica (1875), popolarizzato anche con applaudite conferenze, testimonianza della sua grande passione per la musica di cui era cultore (suonava il violino). Del resto aveva una vasta cultura generale letteraria e conosceva bene molte lingue straniere. Coltivò anche la passione per la montagna e fu tra i soci fondatori della Sezione romana del Club Alpino Italiano, istituita nel 1873.
Era socio di numerose Accademie delle Scienze italiane (Torino, Bologna, Napoli, Modena, Palermo, Bergamo) e straniere (Institut de France) e dottore honoris causa delle Università di Tübingen, Königsberg, Erlangen e St. Andrews. Fu delegato italiano e segretario del Comitato Internazionale dei Pesi e delle Misure (1904) e socio fondatore della Società degli Spettroscopisti Italiani
Nel dicembre 1890 fu nominato Senatore del Regno, per meriti scientifici, e fu Vicepresidente del Senato dal 1904 fino alla morte.
Partecipò attivamente ai lavori, specialmente su argomenti legati all’istruzione, alle finanze, politica estera e guerra. Con grande gioia auspicava l’annessione del suo luogo nativo in Friuli che riuscì a vedere libero e visitò, ma morì con l’angoscia del momento della disfatta e non vide la riconquista del novembre 1918.
Alla sua morte le sue doti scientifiche, didattiche e organizzative, ma anche umane, per il suo carattere schietto e mite, furono ricordate nell’aula del Senato, tra gli altri dai colleghi senatori Vito Volterra, Augusto Righi e Guglielmo Marconi.