Paul Adrien Maurice Dirac
Il padre Charles, cittadino svizzero, insegnava francese in una scuola secondaria a Bristol, dove conobbe la madre Florence che lavorava in una libreria; da qui i nomi di Paul Adrien Maurice dati al secondogenito (il cognome andrebbe pronunciato alla francese con l’accento sull’ultima sillaba). Il padre, molto severo, imponeva di parlare solo francese in casa e quindi, dato che i due fratelli non parlavano abbastanza bene, solo Paul veniva ammesso alla cena.
Già dalle scuole primarie manifestò una eccezionale abilità matematica e, alla scuola secondaria (frequentò la scuola dove il padre insegnava), ebbe la possibilità di frequentare da subito i corsi avanzati di matematica, fisica e chimica. Nel 1919 acquisì la cittadinanza britannica. Si iscrisse a Ingegneria elettrotecnica a Bristol (che aveva sede nello stesso edificio della sua scuola superiore) anche se la matematica era la sua materia preferita, in quanto pensava che l’unica carriera per un matematico fosse quella di insegnante, che voleva evitare. Si laureò nel 1921, ma non riuscì a trovare un impiego e tentò di entrare a Cambridge per studiare matematica. Pur avendo superato gli esami di ammissione e ottenuto un sussidio parziale dal St. John’s College, questo non era sufficiente e doveva essere integrato dal Comune di origine – che rifiutò, non essendo stato il padre cittadino inglese da abbastanza tempo.
Tuttavia poteva studiare matematica a Bristol senza pagamento delle tasse di frequenza e quindi si iscrisse a Bristol fino al 1923, quando gli fu offerto un assegno di ricerca per Cambridge. Intendeva avere come supervisore Ebenezer Cunningham e dedicarsi alla relatività generale che lo affascinava, ma Cunningham era già occupato e venne quindi affidato a Ralph Fowler, a quel tempo il leader della fisica teorica a Cambridge, che si occupava di teoria quantistica dell’atomo e di meccanica statistica. Questi riconobbe subito le eccezionali capacità di Dirac e gli affidò alcuni problemi di meccanica statistica. In sei mesi Dirac scrisse i suoi primi due lavori in questo campo e ben presto fu attratto dalla teoria quantistica su cui pubblicò il primo lavoro nel 1924 ed altri quattro nel 1925.
Nonostante i successi accademici, non erano tempi facili per lui: il fratello morì suicida per ragioni rimaste ignote e lui ruppe completamente i rapporti col padre, evidentemente addebitandogli qualche responsabilità. Già schivo e con pochi amici, il suo isolamento crebbe durante quel periodo.
Nel 1925 gli furono date in lettura le bozze di un lavoro di Heisenberg e, riflettendo mentre passeggiava in campagna, capì che il principio di indeterminazione significava la non commutatività degli osservabili quanto-meccanici e intuì l’analogia con le parentesi di Poisson della meccanica hamiltoniana. Questo lo portò a formulare per primo una teoria della meccanica quantistica matematicamente consistente, in corrispondenza con la meccanica hamiltoniana classica. Tale idea venne esposta nella sua tesi di dottorato, “Quantum mechanics”, con la quale ottenne il Ph. D. nel 1926, quando aveva già pubblicato undici lavori!
Un suo secondo fondamentale contributo alla meccanica quantistica, sempre del 1926, è stata la riformulazione della statistica quantistica degli elettroni avanzata da Fermi (statistica di Fermi-Dirac). Fu lui a coniare i termini fermione e bosone per le particelle che obbediscono alla statistica di F-D o di Bose-Einstein.
Dopo il dottorato, si recò a Copenhagen per lavorare con Niels Bohr e, successivamente, nel 1927, a Gottinga, dove incontrò Robert Oppenheimer, Max Born, James Franck e Igor Tamm. Nel viaggio di ritorno sostò qualche mese a Leiden, invitato da Paul Ehrenfest. Nel 1927 fu eletto Fellow del St. John’s College. Iniziò una serie di visite in Unione Sovietica e, dal 1929, negli Stati Uniti; poi, insieme con Heisenberg, tenne lezioni in Giappone.
Nel 1928 formulò la famosa equazione quantistica e relativistica per l’elettrone (equazione di Dirac). Nella sua teoria si poneva il problema dell’interpretazione delle soluzioni per stati di energia negativa. Dirac formulò l’ipotesi che gli stati a energia negativa fossero tutti occupati (mare di Dirac) e che il passaggio di un elettrone da uno stato ad energia negativa ad uno ad energia positiva avrebbe lasciato una lacuna che si sarebbe manifestata come una “antiparticella” dell’elettrone a carica positiva. L'”antielettrone”, chiamato successivamente positrone, fu scoperto sperimentalmente nel 1932 da Blackett, Occhialini e Anderson.
Nel 1930 pubblicò The principles of Quantum Mechanics, (ed. italiana I principi della meccanica quantistica, Boringhieri Editore, Torino, 1971), libro che da allora fu considerato un capolavoro di semplicità, eleganza e trattazione rigorosa e coerente della meccanica quantistica e formò generazioni di studenti. Costituì il suo principale contributo didattico perché ebbe sempre pochissimi studenti.
Fu eletto alla Royal Society nel 1930 alla prima candidatura, fatto piuttosto inusuale e che dice molto sulla considerazione di cui godeva il giovane Dirac; fu poi insignito dalla Royal Society delle medaglie Royal nel 1939 e Copley nel 1952.
Nel 1932, a 30 anni, fu nominato Professore Lucasiano di matematica all’Università di Cambridge, sulla cattedra che aveva avuto Newton e che mantenne per 37 anni (il suo successore è stato Steven Hawking).
Nel 1933 scrisse un lavoro su di una formulazione lagrangiana della meccanica quantistica che ispirò Feynman per i suoi path integrals. Nello stesso anno ottenne il Premio Nobel che divise con Schrödinger. Sembra che non volesse andare a ritirare il premio perché odiava la pubblicità, ma gli venne fatto notare che il rifiuto avrebbe avuto molta più risonanza pubblica e quindi accettò. Poteva invitare i genitori alla cerimonia di Stoccolma, ma invitò solo la madre e non il padre.
Nel 1935 visitò l’Institute for Advanced Study di Princeton e fu in rapporti amichevoli con Eugene Wigner, a casa del quale conobbe la sorella Margit, che viveva a Budapest. Nel 1937 sposò Margit che aveva due figli da un precedente matrimonio ai quali diede il suo cognome. Uno di questi, Gabriel Andrew Dirac, diventò un matematico con contributi importanti alla teoria dei grafi, professore all’Università di Aarhus in Danimarca.
Durante la guerra lavorò, come consulente di un gruppo di Birmingham, alla separazione degli isotopi dell’uranio per le armi nucleari e questo gli impedì in seguito di avere il permesso di visitare ancora l’Unione Sovietica, fino al 1957. Rifiutò comunque di unirsi al gruppo britannico del “progetto Manhattan”.
Nel 1969 lasciò la cattedra di Cambridge e si trasferì con la famiglia in Florida; nel 1971 fu nominato professore alla Florida State University di Tallahassee dove rimase sino alla morte. Nel 1973 e 1975, in una serie di lezioni a Leningrado, espose le sue idee cosmologiche, alle quali lavorava nell’ultimo periodo.
Ci sono molti aneddoti sul suo comportamento e sulla sua conversazione molto essenziale e rigorosa, come tutta la sua vita ispirata ad una rigida razionalità; si disse che il suo vocabolario parlato fosse costituito solo da “sì”, “no”, “non so” e una volta scrisse: mi hanno insegnato a scuola a non iniziare una frase se non si conosce la fine …
Uomo sempre schivo da ogni forma di esibizione, rifiutò sempre le lauree ad honorem offertegli, ma non la associazione alle principali accademie scientifiche del mondo, tra le quali l’Accademia delle Scienze dell’URSS, l’American Physical Society, come quella Cinese, Indiana, Irlandese, Danese, Portoghese, l’Institut de France, l’Accademia dei Lincei, l’Accademia delle scienze di Torino e l’Accademia Pontificia delle Scienze.
Suo interesse esclusivo era per la fisica teorica e per una sua formulazione matematica rigorosa ed elegante, seguendo il principio guida della “bellezza” della matematica. Non ha condiviso con altri grandi fisici teorici l’interesse per questioni interpretative o per i problemi filosofici posti dalla meccanica quantistica, così come ha sempre vissuto in totale distacco dalla vita politica e sociale, essenzialmente solitario.