Paolo Maffei
Nato da una nota famiglia di Foligno, visse in questa città fino agli studi universitari, mantenendo un costante rapporto con la città d’origine.
Si interessò all’astronomia sin da bambino, a tredici anni leggeva classici come Il cielo di Jean-Henri Fabre, Le stelle del cielo e Le curiosità del cielo di Camille Flammarion. Con il suo primo telescopio, un rifrattore da 75 mm, uno strumento notevole per l’epoca, cominciò ad osservare il cielo effettuando ed annotando per quattro anni osservazioni giornaliere sulle macchie solari.
Dopo la maturità scientifica si iscrisse al corso di laurea in matematica dell’Università di Firenze, laureandosi nel 1952 con una tesi su ‘Identificazione e classificazione delle stelle M-C-S’, con relatore il prof. Giorgio Abetti.
Dopo la laurea iniziò la carriera di ricercatore ad Arcetri, come assistente volontario, e si occupò di fisica solare. Nel 1955 fu nominato assistente di astronomia a Bologna e iniziò a lavorare al telescopio di Loiano, studiando comete, nebulose, galassie.
Alla fine degli anni ’50 applicò la tecnica fotografica all’infrarosso, della quale può essere considerato un pioniere, allo studio di stelle variabili e giganti rosse.
Si trasferì all’osservatorio di Asiago nel 1959 e dal 1961 lavorò per due anni a Bergerdorf, vicino ad Amburgo, con il telescopio Schmidt 80/120 del locale osservatorio.
Tornato in Italia, dal 1963 al 1975 fu assistente all’Università La Sapienza di Roma, lavorando anche a Frascati, e di tanto in tanto ad Asiago.
Proprio qui, grazie a una paziente ricerca, e ad alcune geniali intuizioni, nel 1967, la sera prima dell’inaugurazione ufficiale del telescopio Schmidt 60/90, Maffei compì una delle più importanti scoperte della sua carriera: l’individuazione di due galassie nella costellazione di Cassiopea, poi chiamate Maffei 1 e Maffei 2.
Tratta approfonditamente di questa scoperta in appendice del libro Al di là della Luna, inaugurando l’uso nella letteratura scientifica italiana del termine ‘serendipity’.
Ora si sa che le due galassie fanno parte insieme ad altre di un Gruppo, chiamato Maffei (IC 342), il più vicino al Gruppo Locale (del quale fa parte la nostra Galassia) dal quale probabilmente sono state espulse per uno scontro con la galassia di Andromeda. La più grande del gruppo è la galassia IC 342, ma le prime ad essere scoperte sono state nel 1968 la galassia ellittica Maffei 1 (a 10 milioni di anni luce circa) e la galassia a spirale Maffei 2 (a 16 milioni di anni luce), con filtri infrarossi in quanto nella zona, vicina all’equatore galattico, ci sono zone oscure di polvere e gas che offuscano le lunghezze d’onda nel visibile.
Le ricerche di Maffei nell’infrarosso vicino non si arrestarono, e nel 1993 furono pubblicati nuovi lavori.
Nel 1976 si trasferì all’Università di Catania, come straordinario, e infine divenne ordinario nel 1979, e anche direttore del locale osservatorio astrofisico.
Rientrò nel 1980 nella sua Perugia, e qui svolse la sua attività didattica alla cattedra di Astrofisica del Dipartimento di Fisica dell’Università sino alla data del suo collocamento a riposo, dopo di che fu nominato Professore Emerito.
A Perugia allestì un osservatorio astronomico con un piccolo riflettore da 400 mm completamente automatizzato, uno dei pochi funzionanti all’epoca e dette il via alla costruzione a Stroncone di un telescopio da 800 mm oggi purtroppo usato (poco) solo a scopi didattici per le scuole.
Rilevanti le sue ricerche nel campo delle comete. Dopo un lungo periodo di osservazioni, dal 1956 al 1963, le sue attenzioni si rivolsero alla cometa di Halley in occasione del passaggio al perielio nel 1986. Fu in quella l’occasione che cominciò a scrivere La cometa di Halley.
In quell’occasione storica, insieme ad astronomi sudafricani, ha provveduto anche a colmare la lacuna di 14 ore di osservazioni fra Australia e Sud America, installando a latitudini australi presso il Southerland Astronomical Observatory, un telescopio Schmidt appositamente acquistato dall’Università di Perugia. I risultati di questa ricerca furono presentati ad Heidelberg nel 1987.
Nell’anno accademico 1988/89 promosse presso l’Università di Perugia un corso di laurea in Ingegneria elettronica ad indirizzo spaziale con la collaborazione delle due più importanti industrie italiane del settore, ma questo corso non ebbe purtroppo il seguito che era lecito attendersi.
Una sua grande idea, che per anni cercò di realizzare tra tante avversità, era quella di un telescopio in Antartide, che riteneva essere il miglior sito terrestre per le osservazioni nell’infrarosso. Il progetto è stato realizzato dai suoi successori al Dipartimento di Fisica di Perugia con un telescopio internazionale (IRAIT – International Robotic Antarctic Infrared Telescope) che porterà il suo nome.
È stato membro delle più importanti e principali associazioni astronomiche nazionali e straniere, fra cui la IAU (Unione Astronomica Internazionale) in cui ha fatto parte delle commissioni 27-Stelle variabili e 51-Ricerca della vita nell’Universo.
Notevole pure la sua attività di divulgatore, iniziata quando era ancora diciassettenne con un articolo su un giornale della sua città. Il primo successo fu con Al di là della Luna (1973), vincitore del premio Bergamo, del premio APE e del premio Ente biblioteche popolari, seguito da I mostri del cielo (1976) e L’universo nel tempo (1982), che sono stati tradotti in molte lingue.
La cometa di Halley (1984), con cui meritò il premio Glaxo, presenta al meglio le capacità del ricercatore e del divulgatore, e si colloca come un caposaldo della divulgazione astronomica, forse non del tutto compresa perché scambiata per una delle tante pubblicazioni d’occasione per il passaggio della cometa.
Pubblicò anche un saggio a carattere storico: Giuseppe Settele, il suo diario e la questione galileiana (1987).
Infine va ricordata la nascita nel 1987 dell’Associazione Astronomica Umbra, da lui fortemente voluta, e da cui bandì l’aggettivo di astrofili a sottolineare l’impegno professionale che da questa si attendeva.
Ottenne la Medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte nel 1989.
Un asteroide, 18426-Maffei, ha avuto il suo nome.