Filippo (Giulio Isdegerde) Cecchi
Studiò presso gli Scolopi delle Scuole Pie di Firenze e a soli 17 anni entrò nell’ordine degli Scolopi, assumendo il nome di Filippo, in onore di S. Filippo Neri, abbandonando così il nome di battesimo di Giulio Isdegerde. Studiò scienze fisiche e matematiche nel collegio scolopio di S. Giovannino a Firenze (Osservatorio Ximeniano, di livello universitario), sotto la guida di Padre Giovanni Antonelli, ed ebbe come compagno il futuro astronomo Alessandro Serpieri.
Ultimati gli studi, fu inviato come insegnante nei collegi di Urbino e poi Volterra, e alla morte di Padre Numa Pompilio Tanzini (1801-1848), insegnante di matematiche e filosofia naturale, sismologo e astronomo (tra i suoi allievi nel 1844 Carlo Lorenzini -Collodi-), tornò a Firenze dove fu incaricato dell’insegnamento della fisica nel suo collegio di S. Giovannino.
Oltre all’attività didattica, che lo impegnò per tutta la vita, si dedicò anche alle scienze sperimentali e allo studio di nuovi apparecchi e strumenti, iniziando con l’apportare significativi miglioramenti agli apparecchi telegrafici. Nel 1854 costruì una nuova elettrocalamita che ebbe un notevole successo e nel 1859 collocò sotto la Loggia della Signoria (chiamata anche dei Lanzi) in Piazza della Signoria, un termometro ed un barometro a quadrante di grandi dimensioni da lui ideati e costruiti su incarico del Ministro dell’istruzione del Governo Provvisorio Toscano, Cosimo Ridolfi (ora esposti al Museo Galileo – ex Istituto e Museo di Storia della Scienza). Nel 1861, alla Prima Esposizione Italiana di Firenze, presentò un nuovo tipo di motore elettromagnetico.
Restaurò lo gnomone della Cupola di S. Maria del Fiore, il Duomo di Firenze, costruito nel 1475 da Paolo Toscanelli e rimesso in funzione da padre Leonardo Ximenes, e in quell’occasione rifece l’esperienza del pendolo di Foucault. Insieme a Padre Antonelli progettò un nuovo tipo di parafulmine che fu collocato sulla cupola del Duomo, e in seguito su altri monumenti fiorentini, con buoni risultati.
Già nel 1853 padre Eugenio Barsanti, insegnante di fisica e idraulica all’Osservatorio Ximeniano, e l’ingegnere Felice Matteucci avevano costruito un motore a gas a combustione interna ottenendone il brevetto. Per lo sviluppo del motore, l’aiuto e i suggerimenti di Padre Cecchi furono determinanti. Infatti i principali problemi nella sperimentazione riguardavano la valutazione dell’intensità dell’impulso prodotto dalla detonazione dei miscugli gassosi e la misura della corsa verticale dello stantuffo dopo l’esplosione. Padre Cecchi, oltre ad essere un genio della meccanica, aveva scritto un libro di testo di chimica ad uso delle scuole; aiutò quindi a preparare le piccole quantità d’idrogeno necessarie per le miscele di idrogeno ed aria. Inoltre, per la determinazione sperimentale della corsa dello stantuffo nel cilindro e per la misura della durata del movimento verticale, costruì un cilindro registratore di Morin, tuttora conservato nel museo dell’Osservatorio Ximeniano.
Un esemplare del primo motore Barsanti-Matteucci è visibile al Deutsches Museum di Monaco.
Dopo la morte di Eugenio Barsanti, nel 1864 venne tenuta una seduta dei soci della Società del Nuovo Motore Barsanti e Matteucci durante la quale fu deciso di affidare la direzione tecnica della stessa Società ai padri Antonelli e Cecchi che avevano tanto contribuito alla realizzazione dei motori di Barsanti e Matteucci.
Dopo la nomina venne subito allestito nelle officine della Società un prototipo di nuovo motore a scoppio che doveva essere impiegato nelle locomotive in sostituzione dei motori a vapore, come sembra di dedurre dai risultati del confronto tra il suo consumo previsto e quello dei motori a vapore. La costruzione delle parti del motore fu ordinata in parte alla fonderia Benini di Firenze e in parte all’officina Ansaldo di Sampierdarena. Il motore fu pronto solo ai primi di settembre del 1865 con potenza di 3-4 CV.
La produzione e commercializzazione dei nuovi motori fu seguita da Felice Matteucci che tuttavia da solo non riuscì a fare fronte alla gestione aziendale e alla tutela dei brevetti e tornò ad occuparsi della sua materia, l’idraulica, e la commercializzazione del motore fallì.
Nel 1867 all’Esposizione Universale di Parigi, Nikolaus August Otto e Eugen Langen di Colonia presentarono un motore a scoppio ottenendo la medaglia d’oro tra i quattordici progetti presenti. Il loro motore era molto simile a quello di Barsanti e Matteucci nel principio di funzionamento e in molte soluzioni tecniche come si può constatare dai disegni del brevetto, confrontati col motore costruito dalla fonderia Benini nel 1856.
Dal 1872, alla scomparsa di Padre Antonelli, Cecchi assunse la direzione dell’Osservatorio Ximeniano. Immediatamente si rese conto dell’impossibilità di continuare nell’attività prevalentemente astronomica dell’Osservatorio per la sua collocazione al centro di una grande città. Indirizzò quindi le attività di ricerca verso la meteorologia; ne riordinò e completò l’attrezzatura scientifica, progettò e fece costruire nuovi strumenti meteorologici quali il nefoscopio (uno strumento meteorologico per misurare la direzione dei venti in quota) e un meteorografo economico, alla cui messa a punto lavorò per molti anni senza riuscire a realizzare il prototipo.
La cura e l’entusiasmo dimostrati nel riorganizzare l’attività dell’Osservatorio Ximeniano ed una rete toscana di stazioni meteorologiche, lo rese noto alla comunità scientifica e nel 1879 fu invitato al Congresso Internazionale di Meteorologia che si svolse a Roma. In seguito fondò insieme a Francesco Denza la Società Meteorologica Italiana che tenne il suo primo congresso a Firenze nel 1885 e della quale fu vicepresidente.
Le sue doti sperimentali si evidenziarono anche nella progettazione di strumenti per le misure sismiche. Il primo di una lunga serie fu il sismografo elettrico a carte affumicate fisse presentato nel 1876 e per questa sua attività ebbe la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino del 1884.
Fu membro della Accademia Pontificia delle Scienze.