Michael Faraday
Figlio di un fabbro e di una contadina, provenienti dal nord dell’Inghilterra e venuti a cercare un lavoro migliore nel villaggio di Newington (ora in Londra), nacque dopo pochi mesi dal loro trasferimento. La famiglia, povera (aveva un fratello e due sorelle) ma molto unita anche dalla forte fede religiosa, apparteneva alla Chiesa Sandemanista, una setta protestante uscita dalla Chiesa di Scozia, che si rifaceva alla prime comunità cristiane e aspirava all’unità del mondo e questo influenzò moltissimo le teorie successive di Faraday.
A 13 anni, dopo le scuole elementari, per aiutare economicamente la famiglia trovò lavoro come fattorino e poi apprendista rilegatore presso il libraio George Riebau, vicino a Baker Street. Qui, senza trascurare il lavoro che svolgeva accuratamente, sviluppò l’amore per la lettura dei libri e per gli argomenti scientifici in particolare (soprattutto le voci dell’Enciclopedia Britannica), come testimonia il suo datore di lavoro: His mind ever engaged, besides attending to book binding which he executed in a proper manner.
Dal 1810 frequentò corsi divulgativi specialmente di elettricità e meccanica, e dal 1812 partecipò alle lezioni e dimostrazioni di Humphry Davy alla Royal Institution (da poco fondata allo scopo di “sviluppare la scienza sperimentale” da Benjamin Thompson, Conte Rumford). Di queste lezioni prese accurati appunti e dopo averli copiati, illustrati e rilegati, ne fece dono a Davy, che considerava il suo eroe, chiedendo di essere assunto alla Royal Institution per lavorare in campo scientifico.
Già prima aveva scritto allo stesso scopo a Sir Joseph Banks, Presidente della Royal Society, non ricevendo alcuna risposta, ma questa volta Davy accettò di riceverlo consigliandogli però di continuare il suo lavoro di rilegatore perché: la scienza è una severa padrona e dal punto di vista monetario ricompensa poco quelli che si dedicano al suo servizio …
Tuttavia nel 1813 un assistente di Davy fu licenziato (sembra per una rissa) e Faraday fu chiamato a prenderne il posto. Subito accompagnò Davy, come segretario e aiutante, in un viaggio scientifico in Europa. Questo viaggio di un anno e mezzo fu per Faraday il corrispondente di un corso universitario: imparò il francese e l’italiano, conobbe molti scienziati famosi, tra cui Ampère e Volta, e fece una grande esperienza diretta delle ultime ricerche soprattutto nel campo dell’elettricità e della chimica.
Al ritorno Faraday riprese il suo lavoro di assistente di laboratorio di chimica, e cominciò anche a tenere lezioni presso la Philosophical Society.
Nel 1821 sposò Sarah Bernard, conosciuta alle riunioni della Chiesa Sandemanista, e andò ad abitare presso la Royal Institution quale Sovrintendente dell’edificio e dei laboratori.
Quell’anno cominciò a lavorare sull’elettricità a seguito della notizia dell’esperimento di Oersted (anche se ammise: ho poco da dire sulle teorie di Oersted perché confesso che non le ho capite), e pubblicò il suo primo lavoro in questo campo che contiene già l’idea delle linee di forza. Inoltre scoprì la rotazione elettromagnetica, il principio base del motore elettrico, e la sua interpretazione in termini di forze ‘non-newtoniane’ aprì un lungo dibattito con Arago e Ampère.
Dal 1821 al 1831 si dedicò ancora alla chimica (liquefa il cloro nel 1823 e isola il benzene nel 1825) e nel 1824 fu eletto alla Royal Society con l’opposizione del Presidente, il suo ‘eroe’ Davy. Nel 1931 ritorna agli studi sull’elettricità con la sua più importante scoperta, quella dell’induzione elettromagnetica, mostrando come un magnete potesse generare corrente in un circuito, convertendo energia meccanica in energia elettrica e rendendo così possibile la dinamo e il trasformatore.
Dopo questa scoperta ricevette una laurea onoraria da Oxford, fu nominato professore di Chimica alla Royal Institution, eletto al Senato accademico dell’Università di Londra e ricevette le medaglie Royal e Copley dalla Royal Society.
In questo periodo fece importanti scoperte in elettrochimica coniando, insieme a William Whewell, termini ora comuni come elettrolisi, elettrodo, anodo, catodo, ione.
Nel 1836 fu nominato consulente scientifico alla Trinity House, un ente responsabile della sicurezza della navigazione lungo le coste, e si dedicò allo studio dell’efficienza delle lampade ad olio dei fari inventando anche nuovi dispositivi che vennero brevettati dal fratello Robert.
Nel 1838 era pronto a mettere insieme tutti i pezzi in una teoria coerente dell’elettricità, tuttavia l’intenso lavoro gli procurò un crollo nervoso e riprese il lavoro solo sei anni dopo, quando le sue idee sulle linee di forza erano state riprese dal ventunenne William Thomson (poi Lord Kelvin) in forma matematica. Thomson aveva predetto che un campo magnetico avrebbe modificato il piano di polarizzazione di luce polarizzata e Faraday rilevò l’effetto magneto-ottico (che ora prende il nome di effetto Faraday).
Inoltre le sue convinzioni di atomi come centri di forza (mutuate da Davy che rifiutava gli atomi di Dalton in favore delle idee di Boscovich) implicavano che il magnetismo fosse una proprietà di tutte le sostanze e non solo di ferro, cobalto e nichel. Così, dopo intense ricerche, Faraday scoprì il diamagnetismo e riprese le sue idee su di una teoria dell’elettromagnetismo che espose nella conferenza Thoughts on Ray-vibrations del 1846 e completò negli anni seguenti, ponendo le basi della teoria del campo elettromagnetico coi lavori “On the physical character of the lines of forces” (1852) e “On the conservation of force” (1857).
Dal 1850 le sue capacità di concentrarsi sul lavoro declinavano, ma ormai James Clerk Maxwell con gli scritti “On Faraday’s lines of forces” (1855-1856) aveva iniziato a costruire, sulle fondamenta gettate da Faraday e su incoraggiamento di William Thomson, la teoria matematica dell’elettromagnetismo, fuori dalla portata delle conoscenze di Faraday, che tutti i biografi descrivono come “analfabeta” in matematica. In quegli anni comunque la loro corrispondenza e la loro frequentazione (dal 1860 al 1865, quando Maxwell era a Londra) concorsero a costruire uno dei più grandi risultati della fisica: la teoria elettromagnetica.
Per la sua modestia e per le sue convinzioni religiose che imponevano una vita frugale e senza onori, declinò l’offerta della Presidenza della Royal Society, ma continuò comunque i ‘Friday Evening Discourses’ (ne tenne in totale 123!) ed anche le Conferenze di Natale, dedicate ai giovani, che aveva inaugurato nel 1826. La conferenza del 1859 trattava delle varie forze in natura e quella del 1860 della storia chimica della candela. Entrambe, pubblicate, divennero dei piccoli classici. (Le Christmas Lectures continuano anche oggi, trasmesse per TV, e raggiungono un pubblico vastissimo su argomenti di cultura scientifica).
Nel 1858 gli fu assegnato un alloggio pubblico ad Hampton Court, dove passava la maggior parte del tempo mantenendo l’incarico di ‘Anziano’ della Chiesa Sandemanista e dove morì. L’immensa mole dei suoi minuziosi quaderni di laboratorio e i suoi lavori furono raccolti nelle Experimental Researches in Electricity (in 3 vol.), così come sono stati pubblicati i suoi Diari e la sua preziosa corrispondenza scientifica. Dal 1872 la Royal Institution ospita la ricostruzione del suo laboratorio ed un museo dedicato alla sua opera di appassionato sperimentatore.