Maria Skłodowska Curie
Quinta figlia di due insegnanti di scuola superiore. Il padre insegnava matematica e fisica e fu destituito in quanto patriota, infatti la Polonia era sotto la dominazione russa e le scuole sottoposte a rigidi controlli per evitare la diffusione di sentimenti nazionalistici. In poco tempo morirono la sorella maggiore e la madre e il padre perse quasi tutti i risparmi in cattivi investimenti, tuttavia la famiglia si strinse ancora di più e Vladislav alla sera leggeva alle figlie i classici e mostrava esperimenti di fisica con le apparecchiature della scuola che aveva portato a casa perché le autorità russe avevano eliminato il laboratorio dall’insegnamento.
Maria (chiamata affettuosamente Manya) era la prima della sua classe, ma non ebbe la medaglia d’oro alla cerimonia di diploma perché si rifiutò di stringere la mano al responsabile russo dell’istruzione. A 15 anni soffrì di depressione e fu inviata in campagna da cugini, l’unico periodo di feste e danze della sua vita.
Voleva iscriversi all’università, come il fratello che aveva intrapreso studi medici, ma alle donne era vietato e così insieme alla sorella Bronya si iscrisse all’”Università Volante”, una scuola segreta illegale che cambiava continuamente sede delle lezioni per non essere scoperta e teneva lezioni autogestite nella proibita lingua polacca.
A 17 anni fece un patto con la sorella, avrebbe dato lezioni private per pagarle l’iscrizione e il soggiorno alla scuola di medicina di Parigi, così andò come governante dei figli di un amministratore terriero del nord; nel tempo libero insegnava gratuitamente anche ai figli analfabeti dei contadini, attività peraltro proibita. Si innamorò del figlio dei padroni, studente di agraria a Varsavia, ma la loro relazione fu osteggiata dai genitori che non vedevano il loro ricco figlio sposato con una nullatenente. Pur di mantenere il posto, ben pagato, ruppe il fidanzamento.
Continuò a studiare da sola e per corrispondenza con il padre che nel frattempo era stato nominato direttore di una scuola e poté farsi carico delle spese di Bronya a Parigi. Decise quindi di iscriversi, con i suoi risparmi, alla Sorbona per studiare Fisica. Mancava tuttavia di esperienza di laboratorio e grazie al cugino che era stato assistente di Mendeleev, fu ammessa clandestinamente ai laboratori del Museo dell’Industria e Agricoltura.
Nel 1891 finalmente raggiunse Parigi, in quarta classe, e si iscrisse alla Sorbona, col nome di Marie, andando a vivere dapprima dalla sorella, che si era sposata con un patriota polacco, poi al Quartiere Latino, più vicino all’Università. L’alloggio era misero e freddo, la fame perenne, tuttavia era concentrata solo sullo studio per colmare il grande divario tra le sue conoscenze e quelle dei suoi compagni di studi e per imparare il francese. I suoi sforzi furono premiati, si laureò in fisica nel 1893, prima del suo corso, e l’anno dopo in matematica, ottenne una borsa di studio destinata ad uno studente polacco e le fu commissionata una ricerca sulle proprietà magnetiche di differenti tipi di acciaio.
Per queste ricerche aveva bisogno di un laboratorio adeguato e fu indirizzata a Pierre Curie, pioniere delle ricerche sul ferromagnetismo, presso la Scuola di Chimica e Fisica Industriale. Fu un incontro che avrebbe cambiato la sua vita privata e la storia della fisica. Pierre, più vecchio di dieci anni, trovò in Marie una donna appassionata come lui solamente alla scienza.
Decise di restare a Parigi per conseguire il dottorato e convinse anche Pierre a completare il suo. Infatti Pierre non aveva mai conseguito il titolo, nonostante avesse più di 15 anni di ricerche alle spalle (aveva scoperto col fratello Jacques la piezoelettricità e quella che ora è chiamata temperatura di Curie).
Nel 1895 si sposarono civilmente e nel 1897 nacque la prima figlia Irène.
Marie proseguì e completò la ricerca sul magnetismo dell’acciaio e quando le fu pagata restituì parte del sussidio che aveva avuto perché fosse destinato ad un altro studente polacco bisognoso.
Doveva scegliere un argomento per la tesi di dottorato (all’epoca nessuna donna al mondo aveva conseguito un dottorato in scienze) e fu colpita da due recentissime scoperte: nel dicembre 1895 Wilhelm Röntgen aveva scoperto i misteriosi raggi X che attraversavano la materia (ottenne per questo il primo Premio Nobel nel 1901) e nel 1896 Henri Becquerel aveva scoperto raggi emessi da minerali di uranio (chiamati “uranici”), che attrassero molto meno l’interesse degli scienziati. Decise che si sarebbe occupata di questi, con l’aiuto di Pierre che fu conquistato dal suo entusiamo. Per cercare di capirne l’origine, quando uno dei fondamenti della fisica era la indivisibilità e inalterabilità dell’atomo, fece l’ipotesi che venissero dall’atomo stesso e chiamò radioattività questa proprietà di alcuni atomi (oltre all’uranio, il torio, come scoprì con un‘indagine sistematica).
Aveva notato anche che alcuni minerali di uranio, tra cui la pechblenda e la calcolite, erano più radioattivi dell’uranio puro e attribuì questo alla presenza di nuovi elementi radioattivi. Non era facile scoprire questi elementi, in quanto la pechblenda è un minerale molto complesso; perciò adottarono un nuovo metodo di analisi chimica per frazionare i vari elementi e quindi misurare le parti radioattive, usando un elettrometro piezoelettrico inventato dai fratelli Curie. Nel 1898 scoprirono che due frazioni, contenenti bismuto e bario, erano molto radioattive e conclusero che la prima conteneva un nuovo elemento chimicamente simile al bismuto che chiamarono polonio (in onore della patria di Maria) e la frazione di bario un altro elemento radioattivo che chiamarono radium (latino per raggio).
Intrapresero quindi, in una baracca nel giardino, il tentativo di separarli dal bismuto e dal bario, trattando grandi quantità di pechblenda (donata dal governo austriaco). Con l’aiuto della “Central Chemical Products” che fornì attrezzature in cambio di parte della quantità di sali di radium estratta, poi rivenduta con grande profitto, le occorsero tre anni per isolare un decimo di grammo di clururo di radium puro, mentre non riuscì ad isolare il polonio per ragioni che saranno chiarite solo molti anni dopo quando i meccanismi del decadimento radioattivo saranno compresi, infatti la vita media del polonio è solo di 138 giorni (La vicenda dell’estrazione del radium è trattata nella pièce teatrale “Amore e chimica” e nel film tratto da essa “Les palmes de M.Schutz” (1996) con Isabelle Huppert nella parte di Marie Curie).
La nuova straordinaria sostanza emetteva luce e sembrava che processi all’interno dell’atomo fossero responsabili della radioattività, come si discusse quando i Curie presentarono i loro risultati alla prima Conferenza Internazionale di Fisica a Parigi nel 1900. I coniugi non brevettarono il procedimento di estrazione del radio, convinti che lo scienziato non dovesse trarre utili dal proprio lavoro scientifico e anche perché non c’erano ragioni per aspettarsi che il radium potesse avere applicazioni pratiche. Tuttavia i lavori di Pierre che mostrò gli effetti distruttivi dei tessuti di organismi viventi resero possibile l’uso della radioattività per curare tumori e altre malattie.
Nonostante i successi entrambi non avevano alcuna posizione ufficiale, né adeguati redditi per mantenere la famiglia o finanziamenti per le loro ricerche e solo grazie all’intervento di Henry Poincaré Pierre ottenne una nuova cattedra alla Sorbona per un corso di fisica generale per studenti di medicina.
La sua salute tuttavia peggiorava, forse anche a causa delle radiazioni alle quali era stato esposto, entrambi avevano perso peso e avevano danni permanenti alle dita.
Marie ottenne un posto di insegnante nella più prestigiosa scuola femminile a Sèvres e fu la prima ad introdurre corsi di laboratorio di fisica, dedicandosi anche al completamento della tesi, per la quale ottenne tre volte un premio dall’Accademia delle Scienze che tuttavia rifiutò di ammettere Pierre tra i suoi membri nel 1902 dandole un forte dispiacere (fu poi ammesso nel 1904 dopo il Nobel).
Nel 1903 conseguì il Dottorato e la sera stessa incontrò Rutherford, le fu poi assegnato il premio Davy per la chimica dalla Royal Society e soprattutto, insieme a Becquerel e a Pierre Curie, le fu conferito il Premio Nobel per la Fisica del 1903 per i loro studi sulla radiazione spontanea. Era la prima donna ad avere un Premio Nobel, istituito solo due anni prima, e resterà l’unica in una disciplina scientifica fino al 1935 quando venne assegnato alla figlia Irène. I coniugi Curie non si recarono a Stoccolma per ritirare il premio, per impegni con le lezioni e per le condizioni di salute di Marie.
All’apice della notorietà, anche internazionale, nel 1905 ebbe la seconda figlia Ève, ma il 19 aprile 1906, Pierre mentre attraversava la strada, sotto la pioggia, fu travolto da un carro trainato da cavalli e ucciso sul colpo. Marie ricevette la tragica notizia solo alla sera e si occupò con grande forza d’animo delle incombenze del caso, tornando al lavoro tre giorni dopo il funerale e rifiutando fermamente una pensione che lo Stato le aveva offerto. Non rifiutò invece l’offerta di prendere il posto di Pierre alla Sorbona, per onorare la sua memoria istituendo un laboratorio di ricerca come lui avrebbe voluto. La sua prima lezione, davanti ad una folla di studenti e di curiosi, la prima di una donna Professore alla Sorbona, trattò degli sviluppi della fisica negli ultimi dieci anni.
Nel suo proposito di fondare un Istituto di ricerca in onore del marito cercò fondi ed appoggi tra gli amici, nell’ambiente accademico e politico vicino alla sinistra allora al governo, così che l’Università di Parigi, statale, e la Fondazione Pasteur, privata, decisero di fondare l’Istituto del Radium, con un laboratorio fisico, diretto da Marie Curie e un laboratorio clinico diretto da un eminente medico.
Per i suoi accresciuti impegni lasciò il suo insegnamento a Sèvres, ma trovò il tempo di istituire e seguire una scuola privata all’interno della Sorbona per i figli dei colleghi che non erano soddisfatti del sistema scolastico francese, così Irène ed altri bambini poterono studiare matematica, scienze, storia, letteratura da eminenti Professori in tali campi (vedi I. Chavannes. Lezioni di Marie Curie, Dedalo, Roma 2004).
Nel 1910 pubblicò un manuale divenuto un classico, il Trattato di radioattività, e operò per fissare una unità di misura per l’emissione radioattiva, necessaria per definire standard industriali e una uniforme applicazione medica, che venne alfine adottata e chiamata in suo onore curie.
Nello stesso anno si doveva eleggere un fisico all’Accademia delle Scienze, e Marie si candidò, sostenuta dai suoi amici e dalla stampa liberale, mentre gli ambienti più conservatori le opposero Eduard Branly, pioniere della telegrafia senza fili, cattolico. La stampa di destra non risparmiò accuse contro Marie, di essere straniera e persino ebrea, così che per soli due voti non fu eletta.
Nel 1911 scoppiò uno scandalo quando la sua presunta relazione con Paul Langevin, giovane amico e brillante allievo di Pierre, sposato infelicemente e vicino alla separazione, venne resa nota sulla stampa, mentre i protagonisti, assieme ai più famosi fisici del mondo partecipavano alla prima Conferenza Solvay a Bruxelles. Furono rispolverate le peggiori bugie, fino al sospetto che la sua relazione fosse iniziata quando il marito era vivo e si fosse gettato sotto il carro per la disperazione! Al ritorno Maria dovette rifugiarsi da amici, con le terrorizzate bambine, per gli insulti di una piccola folla davanti a casa e Langevin sfidò persino un giornalista a duello.
Durante questa negativa campagna di stampa Maria ricevette la notizia del conferimento del suo secondo Premio Nobel del 1911, questa volta per la Chimica …for her services in the advancement of chemistry by the discovery of the elements radium and polonium, by the isolation of radium and the study of the nature and compounds of this remarkable element. Era la prima volta che un secondo Nobel veniva dato alla stessa persona e, nonostante fosse al culmine dello scandalo, Maria si recò alla cerimonia a Stoccolma con la sorella e la figlia Irène (che vi ritornerà nel 1935 a ritirare il suo Nobel).
Nella sua conferenza riconobbe i determinanti contributi del marito Pierre nelle ricerche che avevano portato ai loro risultati e di Rutherford nella spiegazione dei fenomeni radioattivi.
Dopo il Nobel, passato sotto silenzio in Francia, per curarsi e anche per sfuggire alla stampa si prese più di un anno di riposo prima in una clinica e poi presso un’amica inglese. Nel frattempo tutti i più insigni scienziati e intellettuali (tra i quali Einstein, Poincaré, Bohr) avevano reagito indignati allo scandalo che era stato montato e questo si era sgonfiato e la Francia era pronta ad osannare il “suo” scienziato, il primo insignito di due Nobel.
Non ci furono sviluppi nella relazione con Langevin (curiosamente la nipote di Marie, Hélène, e il nipote di lui, Michel, si sposeranno poi) e Marie dedicò il resto della vita all’Istituto del Radium, quale tributo alla memoria di Pierre e contributo al miglioramento della società umana. Dopo un lungo lavoro di progetto e costruzione, nel 1914 l’Istituto venne inaugurato nel Quartiere Latino, in una via ribattezzata Rue Pierre Curie (ora Rue Marie et Pierre Curie).
Nel 1914 però la Francia entrò in guerra, il governo si trasferì a Bordeaux e Marie personalmente vi trasferì per sicurezza anche l’unico grammo di radium esistente al mondo. Decise di mettere tutte le mie forze al servizio della mia patria adottiva siccome ora non posso fare nulla per la mia sfortunata patria nativa… Costituì i primi centri mobili di radiologia militare e fu nominata Direttore del servizio di radiologia della Croce Rossa, donando fondi e mezzi per allestire 20 furgoni attrezzati per esami radiologici, subito inviati al fronte (e chiamati “petites Curies”). Volle anche imparare a guidare i camion e dopo avere studiato anatomia, con la diciassettenne figlia Irène come assistente, si recò al fronte nell’autunno del 1914. Dopo la guerra Irène riceverà una medaglia al valor militare per l’opera prestata, mentre Marie fu stranamente dimenticata.
Nel 1916 rendendosi conto che era necessario avere personale specializzato per i centri mobili e fissi di radiologia, iniziò corsi all’Istituto del Radium per formare tecnici di radiologia (tutte donne in quanto gli uomini erano arruolati come soldati) e, sempre con l’aiuto della figlia Irène, si dedicò all’istituzione di un servizio di radioterapia militare. Ritirò il suo radium da Bordeaux e produsse radon, un gas radioattivo, confezionando fiale con le quali irraggiare i tessuti da distruggere.
Offrì allo Stato, come veniva chiesto a tutti i cittadini, anche le sue medaglie d’oro dei due Nobel, offerta rifiutata, e gran parte del premio in denaro del Nobel. Dopo la fine della guerra tenne anche corsi di radiologia per i soldati americani che aspettavano di tornare in patria.
Il resto della sua vita fu dedicato, oltre che alla ricerca, all’organizzazione dell’Istituto del Radium, che divenne il centro mondiale per lo studio della radioattività (insieme al Cavendish di Cambridge con Rutherford, il Kaiser Wilhelm di Berlino con Lise Meitner), e delle sue applicazioni scientifiche, industriali e soprattutto mediche.
Nei laboratori operavano sempre una cinquantina di ricercatori che seguiva individualmente. Volle che una quota di posti fosse riservata a donne e a brillanti giovani stranieri, specialmente polacchi (questo sfociò poi nell’istituzione dei Marie Curie fellowships che ancora oggi sostengono scambi di studenti meritevoli). Molti famosi scienziati vi furono formati, ma senz’altro si distinsero la figlia Irène e il genero Frédéric Joliot, le cui ricerche sulla radioattività artificiale, che li portarono al Nobel, segui con attenzione personalmente.
Nel 1921 le “Donne d’America” le donarono, con una sottoscrizione, un grammo di radium e nel 1929 il Presidente Hoover le donò 50.000 $ raccolti per acquistare radium e istituire un laboratorio a Varsavia.
Trovò anche i tempo di partecipare attivamente ai lavori della Commissione per la Cooperazione Intellettuale della Lega delle Nazioni.
Dal 1920 cominciò a manifestare problemi di salute provocati, come ora sappiamo, dall’esposizione alle radiazioni, e dal 1925 cominciò a raccomandare alcune precauzioni soprattutto a chi maneggiava sostanze radioattive nell’industria, ma anche ai ricercatori del suo istituto. Nel 1934 si ammalò e nessun medico seppe diagnosticare il suo problema, probabilmente leucemia, consigliandole un periodo di riposo in un sanatorio sulle Alpi.
Morì poco dopo e fu sepolta dapprima insieme al marito a Sceaux, poi nel 1995 le sue spoglie, insieme a quelle di Pierre, furono trasferite al Pantheon di Parigi, unica donna nel mausoleo delle glorie francesi.
La figlia minore Ève, nota per la pregevole biografia della madre del 1938, durante la Seconda Guerra mondiale lavorò per la causa della resistenza francese, nel 1952 fu nominata Consigliere del Segretario generale della NATO, nel 1954 sposò Henry Labouisse, Direttore dell’UNICEF per 15 anni e insieme a lui ritirò a Oslo il Premio Nobel per la Pace del 1965 assegnato all’UNICEF.
L’Istituto del Radium ora si chiama Istituto Curie con annesso un Museo Curie e a Pierre e Marie Curie è stata anche intitolata una nuova Università di Parigi.