Luigi Giulotto
Il padre, Virgilio, era professore di matematica in una scuola media a Mantova, ma si trasferirà più volte a Badia Polesine, Treviglio, Bergamo, mentre la madre Antonietta Perini aveva studiato in un ‘collegio per signorine’. Dopo le elementari, frequentò a Bergamo il Liceo classico "Sarpi", dove sviluppò la sua passione per la fisica che studiò da autodidatta fin dal ginnasio attraverso libri di divulgazione, il testo scolastico di Corbino e i manuali di Oreste Murani, professore al Politecnico di Milano.
Già da ragazzo costruiva pile, circuiti, motorini elettrici e a 15 anni con un amico impiantò un piccolo laboratorio con una stazione trasmittente.
Si iscrisse al Corso di laurea in Fisica all’Università di Pavia, alunno del collegio Borromeo, dove frequentò un corso di tedesco che riteneva importante per la fisica e che approfondì a Friburgo nell’estate del ’32.
Si laureò nel 1933 con una tesi sull’effetto fotovoltaico nell’ossido di rame, relatore il prof. Piatti. Non avendo la possibilità di lavorare a Pavia, si trasferì a Milano come assistente volontario di Alessandro Amerio e fece ricerche sulla radiazione solare.
Nel 1935 tornò a Pavia come assistente incaricato di Adolfo Campetti e iniziò a conoscere le tecniche spettroscopiche e l’effetto Raman. Nel ’36 la direzione dell’Istituto di Fisica passò a Rita Brunetti che portò nuove ricerche in fisica nucleare e sui raggi cosmici e comprò un acceleratore.
Nel 1942 conseguì la libera docenza in Fisica Sperimentale e, alla morte di Rita Brunetti, il suo successore Oreste Specchia gli affidò la messa in funzione dell’acceleratore.
Durante la guerra fu richiamato in servizio a Pavia nel Reggimento Genio e, l’8 settembre 1943, quando i tedeschi arrivarono a Pavia, consigliò ai suoi soldati di tornare a casa; insieme al fratello Alessandro, riparò in Svizzera dove rimase fino al ’45 tenendo corsi di fisica per i rifugiati a Muren, dove conobbe anche Amintore Fanfani.
Dopo la liberazione, tornò a Pavia e riprese una ricerca sulla struttura fine della riga Hα dell’idrogeno, proposta da Piero Caldirola, di tre anni più giovane, che si occupava della parte teorica. Successivamente, con Alberto Gigli Berzolari, si dedicò alla risonanza magnetica nucleare, sempre su suggerimento di Caldirola, con un’apparecchiatura costruita con materiali recuperati in Istituto.
Quando Gigli si trasferì a Roma continuò il lavoro con Giuseppe Lanzi, Gianfranco Chiarotti e poi con Gianni Bonera, sviluppando e migliorando le tecniche sperimentali note, correggendo così molti risultati di Edward Purcell e Felix Bloch, futuri Premi Nobel nel 1952. Fecero di Pavia il principale centro di sviluppo di queste ricerche in Italia e, tramite Edoardo Amaldi, si seppe che Felix Bloch diceva su di loro che erano quelli che in Europa ne sapevano più di tutti su queste cose.
Dal 1948 al ’51, con la moglie Gilda Olivelli, si occupò dell’effetto Raman sulla calcite e l’interpretazione da lui proposta fu poi estesa all’infrarosso da Alfred Kastler, premio Nobel nel ’66.
Nel 1949 risultò vincitore del concorso a cattedre e fu chiamato a Pavia alla cattedra di Fisica Superiore e a dirigere il rispettivo Istituto, per passare nel ’60 alla cattedra di Fisica Generale e alla direzione dell’Istituto di Fisica ‘A. Volta’, dove rimase fino al pensionamento nel 1981.
Alla metà degli anni Cinquanta Caldirola gli propose una collaborazione con Fausto Fumi, fisico teorico dello stato solido, formatosi in Inghilterra e negli Stati Uniti. La collaborazione fu di breve durata e nacquero presto incomprensioni anche sul modo di promuovere la ricerca e sul ruolo del CNEN.
Fumi lasciò Pavia nel 1959, dopo due anni; comunque intorno al nuovo filone di ricerca della fisica dello stato solido si formò un gruppo di giovani che diedero poi significativi contributi nel campo (Roberto Fieschi, Franco Bassani, Mario Tosi).
Svolse un ruolo rilevante anche nella politica della ricerca. L’eredità del gruppo di Fermi e la propensione dei governi dei paesi industrializzati a sviluppare le ricerche connesse alla energia nucleare furono abilmente utilizzate nel dopoguerra da Edoardo Amaldi per favorire lo sviluppo delle ricerche nel campo della fisica fondamentale connessa a quella nucleare. Con la costituzione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), però, si creò una situazione di squilibrio per lo sviluppo delle diverse branche della fisica.
Giulotto si impegnò così in una difficile campagna di sensibilizzazione dell’ambiente accademico, dell’opinione pubblica e del mondo politico in favore di uno sviluppo equilibrato delle ricerche fisiche che vedesse la valorizzazione della fisica della materia, strategica per la sua importanza tecnologica.
Ebbe un ruolo di primo piano nel fondare, nel 1967, il Gruppo Nazionale di Struttura della Materia del CNR (GNSM) che portò ad un progressivo aumento dei finanziamenti per questo settore della fisica.
In questo impegno profuse molte energie, ma l’intuizione delle soluzioni da adottare non sempre fu accompagnata da adeguate capacità di organizzazione del consenso e di articolazione tattica delle iniziative. Così, all’inizio, fu praticamente isolato nella richiesta di istituzione di un organismo analogo all’INFN riguardante la fisica della materia: l’Istituto Nazionale di Fisica della Materia (INFM), costituito solo nel 1994.
Socio dell’Istituto lombardo di Scienze e Lettere e dell’American Physical Society, ottenne il Premio della SIF nel 1948 e la medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola, Cultura e Arte.
Un’aula del Dipartimento di fisica di Pavia è stata dedicata al suo nome e, nel 2010, a Pavia gli è stata dedicata anche una via. La SIF ha indetto nel 2010 un Premio a lui dedicato, per un giovane laureato con tesi in Struttura della Materia; l’Istituto Musicale ‘Vittadini’ di Pavia ogni anno bandisce il Premio Luigi Giulotto con la finalità di far conoscere e valorizzare giovani interpreti.
(Si ringrazia Giuseppe Giuliani per l’autorizzazione gentilmente concessa)