Julian Seymour Schwinger
Da sempre appassionato di fisica, anche se praticamente autodidatta, pubblicò il suo primo lavoro a 16 anni al City College di New York, dal titolo ‘On the interaction of several electrons’ e legato in un certo senso al lavoro che gli valse il Nobel e che fu elaborato dieci anni dopo. Studente brillante in fisica, ma poco attento alle formalità, si dice che non frequentasse le lezioni perché erano di mattina, dimenticò gli esami di chimica e di lettura in lingua tedesca, per cui aveva difficoltà a laurearsi.
Molto stimato dai professori che vedevano il suo genio, tra cui Mark Zemansky, impressionato dal fatto che avesse risolto a 16 anni tutti i problemi del suo famoso testo Heat and Thermodynamics, fu notato dal Premio Nobel Isidor I. Rabi che lo volle alla Columbia University. Si laureò a 18 anni e conseguì a 21 anni il PhD con una tesi su On the Magnetic Scattering of Neutrons. In realtà aveva completato la tesi un paio di anni prima, ma per problemi burocratici dovette rinviare il dottorato, non avendo frequentato alcuni corsi non aveva infatti sufficienti crediti!
Alla Columbia da studente conobbe e collaborò con Teller, Fermi e Bethe.
Dal 1939 al 1941 lavorò a Berkeley come ricercatore, poi come assistente di J. Robert Oppenheimer e nel 1941 ebbe un posto alla Purdue University.
Durante la guerra, dal 1943, fu assegnato al Radiation Laboratory del MIT e quindi al Metallurgical Laboratory di Chicago, uno dei laboratori coinvolti nel progetto Manhattan, per lavorare con Wigner.
Non voleva tuttavia lavorare alla bomba atomica e tornò a Boston dove chiese e ottenne da P. Uhlenbeck, che aveva conosciuto da studente, di poter lavorare con lui allo sviluppo dei radar. Lavorava sempre di notte, iniziando alle quattro del pomeriggio, ai problemi matematici connessi.
Sviluppò la teoria del campo elettromagnetico in connessione alle guide d’onda e tecniche variazionali utilizzate in vari campi della fisica. Lo studio delle microonde lo portò ad interessarsi di acceleratori per elettroni e quindi al comportamento di elettroni in un campo magnetico. Qui notò le difficoltà della teoria classica e rivolse il suo interesse all’elettrodinamica quantistica di Dirac sviluppando la tecnica di rinormalizzazione.
Anche se in aspettativa, in quanto comandato presso il MIT, ottenne la cattedra di fisica teorica a Purdue, ma non vi tornò perché alla fine della guerra fu chiamato ad Harvard, dove ottenne il titolo di Professore ordinario nel 1947, a 29 anni, e rimase fino al 1972.
Nel ’47 aveva sposato Clarice Carrol.
Dopo aver sviluppato la tecnica della rinormalizzazione in QED propose quello che ora è chiamato Effetto Schwinger non ancora confermato da esperimenti.
Nel 1957 ipotizzò l’esistenza di due tipi di neutrini, uno associato con l’elettrone e l’altro con il muone, in seguito verificata sperimentalmente.
Convinto della necessità di una teoria fenomenologica per le particelle, sviluppò la cosiddetta source theory (teoria della sorgente) che tratta allo stesso modo particelle che interagiscono fortemente, fotoni e gravitoni. Su questo argomento pubblicò i due volumi di Particles, Sources, and Fields.
Si occupò anche di statistica quantistica e trovò la cosiddetta condizione KMS (da Kubo, Martin e Schwinger).
Nel 1965 ottenne il Premio Nobel per la formulazione dell’elettrodinamica quantistica, insieme a Feynman e al giapponese Tomonaga.
In particolare il contributo maggiore di Schwinger, oltre alla tecnica di rinormalizzazione sviluppata indipendentemente da Feynman, fu il calcolo del momento magnetico anomalo dell’elettrone scoperto da Foley e Kusch.
Per questi contributi oltre al Nobel ottenne il premio “Natura della luce” dalla National Academy of Sciences nel 1949 e insieme a Kurt Godel il primo premio intitolato ad Albert Einstein nel 1951. Ebbe anche lauree ad honorem da Harvard e da Purdue e la Medaglia delle Scienze nel 1964.
Dal 1972 fino alla pensione ebbe la cattedra all’Università di California a Los Angeles (UCLA), molto apprezzato come insegnante e come supervisore di numerosissimi dottorandi, più di 70, tre dei quali arrivarono al Premio Nobel (Ben Mottelson – 1975, Sheldon Glashow –1979 e Walter Gilbert –1980 per la chimica).
Le sue lezioni furono descritte come eleganti, chiare e originali (non ripeteva mai la lezione nello stesso modo), opera d’arte e fisica allo stesso tempo.
Nonostante i successi ottenuti diventò sempre più solitario e non influì come avrebbe potuto sui successivi sviluppi della fisica teorica.
Negli ultimi anni si interessò alla fusione fredda senza preconcetti e preclusioni, pubblicando rassegne e lavori teorici sull’argomento, alcuni dei quali trovarono difficoltà nell’ambiente scientifico.
Quando alcuni suoi lavori vennero respinti, con motivazioni che trovò dettate solo da conservatorismo e non da errori rilevati, da riviste dell’American Physical Society si dimise da quella società di cui era stato un eminente membro per più di 50 anni, e la accusò senza mezze misure di censura:The pressure for conformity is enormous. I have experienced it in editors’ rejection of submitted papers, based on venomous criticism of anonymous referees. The replacement of impartial reviewing by censorship will be the death of science.