Johannes Hevelius (in tedesco Johann Hewelke, in polacco Jan Heweliusz)

Nacque da una famiglia di origini boeme di produttori di birra, la famosa Jopenbier che ha dato il nome ad una strada di Danzica, la Jopengasse, famosa per la Basilica di S.Maria, la più grande chiesa di mattoni al mondo.

Al Gymnasium ebbe come insegnante di ‘poesia e matematica’ l’astronomo Peter Crüger, allievo di Tyco Brahe e Keplero. Nel 1630 studiò a Leiden giurisprudenza e viaggiò tra Inghilterra e Francia, dove incontrò Gassendi, Mersenne e Athanasius Kircher, per tornare a Danzica nel 1634, destinato a lavorare nella ditta di famiglia. Nel 1635 sposò Katharine Rebeschke.

Dal 1639 si appassionò all’astronomia che divenne il suo principale interesse, pur mantenendo un ruolo importante nell’attività amministrativa comunale, come consigliere e come sindaco.

Nel 1641 costruì un osservatorio sul tetto di casa, equipaggiato con strumenti eccellenti, che fu visitato dalla regina di Polonia Maria Gonzaga, dal Re Giovanni III Sobieski e nel 1679 dal giovane Edmund Halley, emissario della Royal Society della quale Hevelius era stato nominato membro nel 1664. Gli strumenti furono descritti nel suo Machina coelestis (parte prima, 1673, l’edizione della seconda parte fu quasi interamente distrutta dall’incendio del 1679 ed è considerata uno dei libri più rari esistenti).

Halley, inviato da Hooke e Flamsteed, doveva convincerlo ad usare strumenti ottici, mentre lui, ultimo tra gli astronomi osservativi ad occhio nudo, preferiva ancora i vecchi quadranti e alidada, anche se in seguito costruì un telescopio (senza tubo) di lunghezza focale 15 metri.

Le sue prime osservazioni furono sulle macchie solari, poi per quattro anni si dedicò a disegnare mappe lunari, scoprì la librazione lunare e pubblicò i suoi risultati nella Selenographia, sive Lunae descriptio (1647), che lo colloca come il fondatore della cartografia lunare. Scoprì quattro comete nel 1652, 1661 (probabilmente la Ikeya-Zhang del 2002), 1672 e 1677 e ipotizzò per esse orbite paraboliche (Cometographia, 1668). Osservò un curioso fenomeno di alone solare, il 20 febbraio 1661, con sette apparenti soli attorno al disco solare.

Nel 1662 morì la prima moglie; si risposò un anno dopo con Elisabeth Koopmann, figlia di un ricco mercante ed ebbero quattro figli. Elizabeth lo aiutò nel suo lavoro, fece anch’ella numerose osservazioni, curò la pubblicazione di due suoi libri postumi ed è considerata la prima donna astronomo. La sua vita è stata recentemente romanzata in The Star Huntress di E. Walz (Bertelsmann, 2006).

Un incendio, forse doloso, distrusse il suo osservatorio, i libri e gli strumenti nel 1679, ma riuscì a ripristinare il tutto in tempo per l’osservazione della grande cometa del 1680. Descrisse l’evento dell’incendio nella prefazione all’Annus climactericus (1685) dedicato alle osservazioni della stella variabile Myra, ma restò segnato nel fisico e nel morale per il resto della vita. Chiamò una costellazione Sestante in ricordo dei suoi strumenti.

Nel 1683 dedicò una costellazione al Re Giovanni III Sobieski, lo Scudo di Sobieski (ora solo Scudo) in omaggio alla vittoria dell’armata cristiana nella battaglia di Vienna.

Morì il giorno del suo compleanno a 76 anni.

Furono pubblicati postumi, a cura di Elisabeth, un catalogo di 1564 stelle, Prodromus astronomiae (1690), per il quale ebbe una violenta controversia con Robert Hooke, e Firmamentum Sobiescianum sive Uranometria (1690), un atlante celeste in 56 tavole. I suoi libri venivano stampati a casa sua, a sue spese, e molte tavole erano incise personalmente da lui e la moglie.

A lui furono dedicati un cratere lunare, due navi polacche (una affondata nel 1993), e Jules Verne chiama Hevelius il libraio dove Lidenbrock trova il libro che lo guiderà nell’avventura di “Viaggio al centro della Terra”.