Giovanni Battista Amici
Nato da Giuseppe Amici Grossi, direttore dell’Ufficio ‘del censo’ dello Stato Estense, nel 1802 si iscrisse al corso per Ingegneri-Architetti dell’Università, poi chiusa da Napoleone, e continuò gli studi nel Liceo del Panaro aperto nel 1804. Studiò matematica e meccanica con Paolo Ruffini, noto per la sua teoria delle equazioni.
Terminati gli studi si sposò con Teresa Tamanini dalla quale ebbe tre figli. La sposa portò in dote la Villa della Madonnina, appena fuori città, dove compì le prime osservazioni astronomiche.
Si iscrisse all’Università di Bologna e ottenne nel 1808 il titolo di Ingegnere Architetto. Nel 1811 fu chiamato ad insegnare algebra e geometria al Liceo del Panaro e nel 1814 anche trigonometria.
Nel 1815 con la restaurazione della dominazione locale venne riaperta l’Università e gli venne affidata la cattedra di Geometria, Algebra, Trigonometria e nel 1825 quella di Professore referente al Ministro sui progressi delle Scienze fisiche e matematiche, con dispensa dall’insegnamento perché potesse dedicarsi ai suoi strumenti e osservazioni.
Il suo laboratorio veniva visitato spesso, nei suoi soggiorni modenesi, dall’Arciduca Massimiliano Giuseppe, fratello del Duca di Modena Francesco IV, accompagnato a volte da sovrani quali l’Imperatore Francesco I, Vittorio Emanuele I di Savoia, Leopoldo II di Toscana o Gustavo di Svezia, contribuendo a far conoscere all’estero le invenzioni di Amici, in particolare a Vienna e a Londra.
Già dal 1809 si era interessato a leghe metalliche per la costruzione di specchi per telescopi e nel 1811 inviò a Brera due telescopi di sua costruzione, giudicati «pari all’Herscheliano» già in dotazione all’osservatorio e premiati con medaglia d’oro.
Nel novembre dello stesso anno inviò un telescopio riflettore di 11 pollici di diametro, il più grande mai costruito in Italia fino ad allora e tra il ’12 e il ’13 gli furono commissionati da Capodimonte, da Bologna e da Padova altri telescopi di varie dimensioni, nel 1814 uno di 8 piedi per il Re di Sardegna e uno di 11 pollici di diametro per uso personale.
Nel 1814 Ruffini presentò la prima memoria di Amici, Descrizione di un nuovo micrometro, pubblicata dalla Società Italiana delle Scienze.
Concepì un microscopio catadiottrico, come rovesciamento di un telescopio newtoniano, che riscosse apprezzamento internazionale e superò di gran lunga per nitidezza dell’immagine e potenza d’ingrandimento tutti gli altri microscopi allora esistenti.
Grazie a questo strumento presentò varie memorie su osservazioni di piante dove annunciò la scoperta del ‘budello pollinico’ ritenuta fondamentale per la comprensione dei meccanismi della fecondazione.
Nel 1817 viaggiò verso Napoli, con soste a Bologna, Firenze e Roma, dove conobbe influenti personaggi e fece conoscere i suoi strumenti, ottenendo numerose commesse. Nel 1820 l’astronomo tedesco Franz Xaver von Zach visitò Bologna e conobbe Amici col quale instaurò una feconda collaborazione.
Nella sua pubblicazione del 1821, Sulla costruzione di un cannocchiale acromatico senza lenti eseguito con un sol mezzo rifrangente, presentò un prisma acromatico costituito da due tipi di vetro diversamente rifrangente.
Nel 1827 cominciò a funzionare il nuovo Osservatorio di Modena sulla torre del Palazzo Ducale, con strumenti da lui forniti, e nello stesso anno partì per Parigi e Londra con il micrometro ed uno specchio da 12 pollici commissionatigli da John Herschel. A Parigi incontrò Arago, Ampère, Legendre, nonchè ottici e costruttori di strumenti, e regalò un suo microscopio al botanico Brogniart; con questo osservarono ‘le molecule di sangue umano. E tutti quelli sono rimasti sorpresi perché non avevano mai potuto vederle ingrandite e distinte’.
Anche a Londra ebbe accoglienze entusiastiche, incontrò John Herschel, che conosceva dal 1824 quando gli aveva fatto visita a Modena, William Pearson, vicepresidente della Royal Astronomical Society, l’ottico Lister, e il fisico William Henry Fox Talbot che diverrà un pioniere della fotografia, William Wollaston, segretario della Royal Society, il botanico Robert Brown, scopritore del ‘moto browniano’, e il matematico Charles Babbage che soggiornò l’anno successivo a Modena e fu ritratto da Amici con la sua ‘camera lucida’.
Nel 1831 il governo provvisorio stabilitosi a Modena dopo i moti rivoluzionari lo nominò Ministro della Pubblica Istruzione, ma dopo il ritorno del Duca accettò l’invito del Granduca di Toscana a succedere al defunto astronomo Jean Louis Pons presso il Museo di Fisica e Storia Naturale con annessa cattedra di astronomia all’Università di Pisa.
Continuò l’attività di costruttore anche per rinnovare e migliorare l’Osservatorio di Boboli, opera che completò nel 1841 e soprattutto, insieme al Direttore Vincenzo Antinori, cercò di far venire a Firenze i migliori scienziati italiani, in difficoltà dopo i moti rivoluzionari. Arrivarono così Leopoldo Nobili e Ottaviano Fabrizio Mossotti, mentre non riuscirono con Macedonio Melloni, che preferì Napoli.
Costruì un ‘circolo di riflessione’ che fu commissionato per misure durante la spedizione antartica di James Ross del 1840 e un nuovo microscopio acromatico con obbiettivo a grande apertura costituito da sei lenti, costruite con vetro flint fornito da Faraday grazie all’astronomo reale George Biddel Airy.
Nel 1839 fu uno dei firmatari della circolare che indisse la Prima Riunione degli Scienziati Italiani a Pisa, seguita poi da altre in numerose città, che ebbero grande successo e furono viste come un invito ad abolire le frontiere politiche che dividevano il paese. Cessarono solo con la rivoluzione del 1848.
Nel 1841 presentò un grande telescopio rifrattore da 11 pollici di apertura e 5 m di distanza focale, uno dei maggiori del tempo, che verrà chiamato Amici 1 e sistemato ad Arcetri, seguito poi dall’Amici II.
Nel 1842 riferì all’Accademia dei Georgofili sulla scoperta della fotografia da parte del suo vecchio amico Fox Talbot, mostrando dei suoi calotipi. Nello stesso anno pubblicò alcune sue ricerche sulla fecondazione delle piante, che sconfessavano le idee del botanico tedesco Matthias Schleiden, ottenendone in risposta un duro attacco.
Nel 1844 ritornò a Londra e Parigi, incontrando tra gli altri Biot, Fizeau, ancora Babbage e Fox Talbot e Michael Faraday. Al ritorno passò per Berlino dove a Potsdam incontrò Alexander von Humboldt e Friederich Schiek il più importante costruttore di microscopi prussiano.
Nel 1846 pubblicò un lavoro Sulla fecondazione delle orchidee dove veniva data per la prima volta una corretta esposizione del complessivo processo di fecondazione di una pianta in tutti gli stadi e definitivamente sepolta la teoria di Schleiden.
Nel 1847 costruì l’obbiettivo ad immersione in acqua e nel 1855 in olio, considerato, da Harting nel suo trattato Das Mikroskop (1850), come il più perfetto dal punto di vista ottico. Negli anni successivi si dedicò, su incarico dell’Accademia dei Georgofili, allo studio della malattia (Oidio) che infestava i vigneti della Toscana.
Si recò ancora a Parigi nel 1855 per l’Esposizione Universale a presentare i suoi microscopi, molto superiori a quelli francesi per ammissione di Sir David Brewster, ma per cavalleria e senso di ospitalità rinunciò ad esporli.
Nel 1860 ottenne la laurea honoris causa in Medicina dall’Università di Berlino dopo aver venduto un microscopio a Christian Ehrenberg. Dopo la guerra di indipendenza nel 1859, fu sollevato dall’incarico di Direttore dell’Osservatorio Astronomico, per la sua età avanzata, e restò professore onorario di astronomia. Fra il 1857 e il 1860 suggerì a Giovanni Battista Donati, suo aiuto, la costruzione del prisma a visione diretta.
Con la sua opera mostrò come il lavoro dello scienziato e quello del costruttore di strumenti dovessero procedere in sinergia, sollecitandosi a vicenda. Al tempo stesso inaugurò quella tradizione moderna dell’ottica fiorentina, che grazie all’opera di Donati avrebbe portato alla nascita nel 1870 dell’Officina Galileo.
Il suo nome è stato dato ad un cratere lunare.