Giorgio Antonio Garbasso
Studiò all’Università di Torino sotto la guida di Naccari, laureandosi in Fisica nel 1892. La sua tesi di laurea trattava della polarizzazione rotatoria del cloruro di bismuto e confermava le ipotesi di Righi del 1878, quindi il suo primo interesse fu lo studio delle onde elettromagnetiche, in particolare della polarizzazione.
Per questo si recò a Bonn per perfezionarsi con Heinrich Hertz e quindi a Berlino con Hermann von Helmholtz, nel suo ultimo anno di vita. Le sue ricerche ispirarono Rubens, Nichols e Wood, inaugurando il settore di ricerca della risonanza ottica.
Tornato in Italia ebbe la libera docenza in Fisica sperimentale e in Fisica matematica e per quest’ultima ebbe un incarico a Pisa dal 1895 al ’99, chiamato da Angelo Battelli, per ritornare poi con lo stesso incarico a Torino.
In questo periodo si dedicò allo studio della scarica dei condensatori su circuiti, iniziato da Feddersen nel 1867, riconoscendo e risolvendo il sistema di equazioni differenziali ad esso legato, ma il problema principale che lo assillava era risolvere il mistero dell’emissione della luce, sul quale pubblicò un primo lavoro nel 1903 dove esponeva una sua teoria elettromagnetica, con risultati, come lui stesso ammise, non esaurienti, ma con un approccio originale. Da notare che all’epoca la ipotesi di quantizzazione dell’energia, formulata da Planck qualche anno prima, non era stata recepita da quasi nessuno.
Tra i lavori di quel periodo, uno sull’origine dei colori di certi insetti, individuata in un fenomeno di interferenza della luce sulle loro scaglie, e uno, insieme ad Angelo Battelli, sui raggi X, appena scoperti.
Nel 1903 risultò vincitore in due concorsi, per Fisica matematica a Catania, con possibilità di tornare presto a Torino, e per Fisica sperimentale a Genova. Scelse quest’ultima sede convinto che la fisica debba essere essenzialmente sperimentale: la distinzione tra fisica matematica e fisica sperimentale si può giustificare con necessità didattiche, ma non corrisponde a nessun criterio razionale… L’insegnante della disciplina sperimentale, il padrone del laboratorio, sarà il solo che sia in grado di lavorare allo sviluppo della fisica con qualche speranza di buoni risultati…
A Genova si dimostrò ricercatore entusiasta e ottimo insegnante e conferenziere, ma anche un valido Direttore dell’Istituto di Fisica, organizzatore e animatore del lavoro dei giovani.
Continuando le sue ricerche di ottica pubblicò un lavoro sul miraggio che diede origine ad altri suoi o di allievi sul calcolo delle traiettorie di raggi luminosi in mezzi isotropi e non. Dal 1909 al ’12 si dedicò insieme a G. Vacca allo studio della diffusione di cariche elettriche nell’aria, eseguendo esperienze già suggerite da Alessandro Volta, con risultati interessanti per la conoscenza di fenomeni di elettricità atmosferica.
Nel 1913 si trasferì a Firenze, sulla cattedra lasciata libera da Antonio Roiti. Qui potenziò il nuovo Istituto di Fisica, sulle colline di Arcetri, tra i suoi allievi di Firenze si ricordano Antonino Lo Surdo, Rita Brunetti, Giuseppe Occhialini, Franco Rasetti e Vasco Ronchi.
Coronò anche il suo sogno di un istituto di ricerca dedicato all’ottica, perché uomini forniti di preparazione scientifica, e consapevoli ad un tempo dei bisogni della pratica, potessero aiutare dei loro consigli i capi delle officine, quelle di meccanica di precisione e di strumenti ottici che stavano rinascendo a Firenze (Officine Galileo).
Il ‘Laboratorio di ottica pratica e meccanica di precisione’ fu inaugurato ad Arcetri nel 1918 e diverrà poi Istituto Nazionale di Ottica del CNR.
Per i suoi interessi sulla emissione della luce accolse con entusiasmo i lavori di Bohr sull’emissione degli spettri a righe e dal 1913 si fece promotore della concezione quantistica che ancora restava ostica per scienziati formati ad una mentalità classica della meccanica.
Nel 1914 si dedicò all’effetto scoperto nel suo laboratorio da Antonino Lo Surdo e contemporaneamente da Johannes Stark in Germania (effetto Stark-Lo Surdo), suo ultimo lavoro scientifico, rimasto l’unico sull’argomento fino al 1931.
All’entrata in guerra dell’Italia affidò ai giovani il suo Laboratorio di Arcetri e si arruolò come volontario. Da sottotenente del Genio ritornò col grado di Maggiore per avere creato il servizio ‘fonotelemetrico’ che permetteva di individuare la postazione di batterie lontane.
Fu Presidente della Società Italiana di Fisica dal 1912 al ’14 e dal 1921 al ’25, membro della 7a Conferenza generale Pesi e Misure nel 1927, presidente del Comitato di Fisica del CNR. In questa carica ha incoraggiato e sostenuto l’invio dei giovani più promettenti verso i più notevoli centri di ricerca e studio europei e ristabilito il contatto tra la fisica italiana del primo dopoguerra e le grandi correnti della ricerca sperimentale e teorica.
Socio dell’Accademia dei Lincei e presidente della Classe di Scienze, della Società italiana delle Scienze, detta dei XL, dell’Accademia delle Scienze di Torino, dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell’Accademia dei Georgofili, della Società Spagnola di Fisica, della Società Astronomica Italiana. Per i suoi interessi umanistici era pure membro dell’Accademia della Crusca.
Dopo la guerra si dedicò alla vita pubblica, secondo una concezione del mondo che definiva naturale e positiva, romana, italiana e toscana. Tentò anche, già dal 1919, un approccio scientifico e matematico alle scienze morali, sulla base di un discusso teorema di Condorcet della fine del Settecento.
Aderì al fascismo, pur opponendosi alla riforma Gentile dell’istruzione perché trascurava le discipline scientifiche: Un ministro della Pubblica Istruzione rese facoltativo, or sono alcuni anni, l’insegnamento delle matematiche nel liceo, e alle matematiche sostituì un corso di lezioni sulla cultura ellenica; gli era sfuggito senza dubbio che Euclide e Tolomeo sono classici greci quanto Tucidide ed Aristofane (per citare due nomi a caso), e che anzi essi hanno avuto sulla civiltà contemporanea una più grande influenza che non abbiano avuto Tucidide ed Aristofane.
D’altra parte nella civiltà contemporanea sono fusi con gli elementi greci e latini anche quelli che furono aggiunti dal Rinascimento, principalissimo il metodo delle scienze sperimentali. E le scienze sperimentali, come scuola di una logica più complessa della aristotelica, sono dunque indispensabili alla formazione spirituale dell’uomo moderno.
Fu sindaco e poi primo podestà di Firenze dal 1920 al 1928, e lasciò la carica per assumere la presidenza della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali.
Come sindaco si interessò tra l’altro allo sviluppo del Museo degli Strumenti Antichi (che divenne poi Museo di Storia della Scienza) ed organizzò la prima mostra italiana di Storia della Scienza.
Venne nominato Senatore nel 1924.