Galileo Galilei

Considerato il padre della scienza moderna. Nato a Pisa (il padre Vincenzo Galilei è musicista) compie i primi studi di letteratura e logica a Firenze dove si trasferisce con la famiglia nel 1574. Nel 1581 per volere del padre si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Pisa, ma per questa disciplina non mostrerà un vero interesse.

Lasciata dunque l’università pisana ritorna a Firenze, qui sviluppa una passione per la scienza, approfondendo la matematica e compiendo osservazioni di fisica. Dallo studio di Archimede nel 1586 scopre la "bilancetta" per determinare il peso specifico dei corpi. Nel 1589 ottiene la cattedra di matematica all’Università di Pisa che manterrà fino al 1592; in questo periodo si interessa al movimento dei corpi in caduta e scrive il De Motu. Nel 1593 Galileo viene chiamato a Padova dove la locale Università gli offre una prestigiosa cattedra di matematica, geometria e astronomia. Galileo accetta con entusiasmo e vi rimarrà fino al 1610 quando si trasferisce a Firenze come ‘matematico e filosofo’ del Granduca Cosimo. Nel 1599 conosce la veneziana Marina Gamba, che gli darà tre figli: Virginia (poi suor Maria Celeste), Livia (poi suor Arcangela) e Vincenzio.

È in questo periodo che privatamente esprime la propria adesione al copernicanesimo, infatti, scrive nel 1597 a Keplero, che aveva recentemente pubblicato il suo Prodromus dissertationum cosmographicarum di essere copernicano da molti anni. Le prove le avrà dopo  meticolose osservazioni con un nuovo strumento costruito in Olanda: il cannocchiale.

Di lenti si erano occupati Giovanni Battista Della Porta nella sua Magia naturalis (1589) e nel De refractione (1593), e Keplero in Ad Vitellionem paralipomena (1604), dalle quali era possibile arrivare alla costruzione del cannocchiale, ma questo fu costruito per la prima volta, indipendentemente da quegli studi, nei primi anni del XVII secolo sembra dall’artigiano Johann Lippershey (o Lipperhey), un ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo ne ha notizia e forse anche un esemplare nella primavera del 1609, vi apporta significativi miglioramenti e il 21 agosto lo presenta come propria invenzione al governo veneziano che  gli raddoppia lo stipendio e gli offre un contratto vitalizio d’insegnamento.

Con il suo ‘occhiale’ compie una serie di osservazioni della Luna nel dicembre 1609; è il 7 gennaio 1610 quando osserva delle "piccole stelle" luminose vicine a Giove. Nel marzo 1610 rivela nel Sidereus Nuncius che si tratta di quattro satelliti di Giove che battezzerà "Astri Medicei" in onore di Cosimo II de’ Medici, Granduca di Toscana. Soltanto in seguito i satelliti prenderanno i nomi con i quali sono conosciuti oggi: Europa, Io, Ganimede e Callisto.

La scoperta di un centro del moto che non fosse la Terra comincia a minare alla base la teoria tolemaica del cosmo. Le teorie astronomiche di Galileo Galilei vengono ben presto ritenute incompatibili con le verità rivelate dalla Bibbia e dalla tradizione aristotelica. Una prima conseguenza è un’ammonizione formale (1616) del cardinale Bellarmino. Galileo dopotutto non fa altro che confermare la teoria copernicana, teoria già conosciuta da tempo. L’Inquisizione bolla come eretico questo impianto cosmologico e proibisce formalmente a Galileo, di appoggiare tali teorie.

Nel 1622 scrive Il Saggiatore in risposta ad un saggio del gesuita Padre Grassi sulle comete, nella sua opera più filosofica Galileo non cita mai il sistema copernicano ed espone la sua visione della scienza.

Nell’aprile del 1632 Galileo pubblica il Dialogo sopra i due Massimi Sistemi del Mondo, nel quale le teorie copernicana e tolemaica vengono messe dialetticamente a confronto, per poi dimostrare la superiorità delle nuove acquisizioni scientifiche. Arrivato nelle mani di Papa Urbano VIII, costui ne proibisce la distribuzione e fa istituire dall’Inquisizione un processo contro Galileo. Lo scienziato, ormai anziano e malato, viene chiamato a Roma nel 1633, processato, condannato e costretto ad abiurare pubblicamente. Il Dialogo venne messo all’Indice e vi rimase fino al 1835, nonostante ciò ebbe da subito una grande diffusione in tutta Europa e clandestinamente in Italia.

A Galileo, in considerazione delle sue condizioni di salute, viene concesso di scontare la pena prima a Siena poi nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, fino alla morte. Qui termina i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, pubblicato in Olanda nel 1638.

Morì ad Arcetri circondato da pochi allievi (Vincenzo Viviani, Benedetto Castelli, Evangelista Torricelli) e nella ormai totale cecità. È sepolto a Firenze, in Santa Croce.

Il 2009 è stato proclamato dal’ONU ‘Anno Internazionale dell’Astronomia’ – (IYA2009, http://www.astronomy2009.org), per ricordare le prime osservazioni di Galileo col cannocchiale e in Italia è stato proclamato ‘Anno Galileiano’.

Numerose sono le iniziative che hanno ricordato Galileo, in modo particolare nei luoghi dove lo scienziato principalmente operò: Pisa, Padova e Firenze.

La Toscana ha celebrato il grande scienziato con tre grandi mostre: a Firenze con Immagini dall’universo (13/3 – 30/8/2009, Palazzo Strozzi), a Lucca con Il viaggio per immagini e fumetto, dal macrocosmo di Galileo al microcosmo di Einstein (2/5 – 5/11/2009, Museo del Fumetto), a Pisa, città dove nacque, con Il cannocchiale e il pennello (9/5 – 20/7/2009, Palazzo Blu). Inoltre per l’occasione il Museo della Scienza di Firenze è stato completamente restaurato ed è ora il Museo Galileo.

A Padova si è tenuta la grande mostra Il Futuro di Galileo (28/2 – 14/6/2009, Centro culturale Altinate).
http://padovacultura.padovanet.it/homepage-6.0/2009/02/il_futuro_di_galileo_1.html.

Sabato 15 febbraio 2014, in occasione del 450-mo anniversario della nascita di Galileo Galilei, Pisa e Firenze hanno celebrato la ricorrenza: presso la Scuola Normale Superiore di Pisa è stato presentato il francobollo commemorativo; ad Arcetri giornata di porte aperte a Villa Il Gioiello, dove lo scienziato ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, e osservazioni di Venere e del Sole all’Osservatorio Astrofisico dell’INAF.

Galileo e la luce

Oltre allo sviluppo e all’uso del cannochiale, Galileo ha dato altri contributi allo studio dell’ottica.

Nella prima giornata del Dialogo sui massimi sistemi c’è una lunga discussione dedicata al confronto tra l’aspetto apparente della Luna e quello della Terra. L’aristotelico Simplicio sostiene che i corpi celesti sono incorruttibili, luminosi e inalterabili, e perciò diversi dalla Terra che è per sua natura oscura e priva di luce. Galileo invece dimostra che la Luna è della stessa sostanza di cui è fatta la Terra. Ecco le sette conformità che Galileo trova tra la Luna e la Terra:
1. è sferica, cioè non è né un disco piatto (illuminazione parziale) e neppure concava (si illuminerebbe prima la parte opposta al Sole);
2. è oscura e opaca (perché ripercuote il lume del Sole);
3. è fatta di materia densissima e solidissima (presenza di monti e crateri circolari);
4. sulla Luna si possono osservare alcuni gran campi, più risplendenti del resto, ma non è detto che ci sia acqua: all’aspetto de i quali credo che sarebbe quello della Terra assai simigliante, a chi dalla Luna o da altra simile lontananza la potesse vedere illustrata dal Sole, ed apparirebbe la superficie del mare più oscura, e più chiara quella della Terra;
5. le fasi lunari, viste dalla Terra, e le fasi terrestri, viste dalla Luna, hanno lo stesso periodo ma si svolgono in modo opposto;
6. ognuna può illuminare l’altra di luce riflessa (luce cinerea);
7. ognuna può proiettare la propria ombra sull’altra: eclissi scambievoli (eclissi di Luna e di Sole).

In un passo dei Discorsi…, guidato dalla similitudine con il suono, Galileo fu il primo ad ipotizzare di misurare la velocità della luce. La sua idea era quella di portarsi su una collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi toglierlo lanciando così un segnale luminoso ad un assistente posto su un’altra collina: questi non appena avesse visto il segnale, avrebbe quindi alzato a sua volta il drappo della sua lanterna e Galileo vedendo la luce avrebbe potuto registrare l’intervallo di tempo impiegato dal segnale luminoso per giungere all’altra collina e tornare indietro.
qualche modo di poterci senza errore accertar, se l’illuminazione, cioè se l’espansion del lume, fusse veramente instantanea; poiché il moto assai veloce del suono ci assicura, quella della luce non poter esser se non velocissima: e l’esperienza che mi sovvenne, fu tale. Voglio che due piglino un lume per uno, il quale, tenendolo dentro lanterna o altro ricetto, possino andar coprendo e scoprendo, con l’interposizion della mano, alla vista del compagno, sì che quando l’uno vede il lume dell’altro, immediatamente scuopra il suo; … pongansi i due medesimi compagni con due simili lumi in lontananza di due o tre miglia, e tornando di notte a far l’istessa esperienza, si potrà assai sicuramente concludere, l’espansion del lume essere instantanea: ché quando ella ricercasse tempo, in una lontananza di tre miglia, che importano sei per l’andata d’un lume e venuta dell’altro, la dimora dovrebbe esser assai osservabile.

Non ottenne risultati, dato il brevissimo tempo impiegato dalla luce a percorrere quelle distanze di pochi chilometri, ma l’idea, con opportuni accorgimenti tecnici, sarà poi sviluppata nel XVIII secolo: …Veramente non l’ho sperimentata, salvo che in lontananza piccola, cioè manco d’un miglio, dal che non ho potuto assicurarmi se veramente la comparsa del lume opposto sia instantanea; ma ben, se non instantanea, velocissima, e direi momentanea, è ella.