Galileo Ferraris
Nacque a Livorno Vercellese (poi, dopo l’unità d’Italia, Livorno Piemonte e, oggi, Livorno Ferraris) in provincia di Vercelli, dove suo padre gestiva la farmacia; il nonno era stato medico nelle armate di Napoleone. Rimasto orfano di madre in tenerissima età, fu ospitato da uno zio medico a Torino, dove seguì un corso regolare di studi al ginnasio-liceo del Carmine. Durante l’ultimo anno del liceo si iscrisse al primo anno di Matematica all’Università e quindi, finito il liceo, si iscrisse al secondo anno della ‘Scuola di Applicazione’ per ingegneria civile, laureandosi a soli ventidue anni con la tesi "Delle trasmissioni telodinamiche di Hirn", nella quale presenta e discute un sistema meccanico di trasmissione di energia a distanza tramite funi metalliche.
Interessanti alcune sue riflessioni, poste alla fine della tesi, sui vantaggi sociali di una capillare distribuzione dell’energia: “potrebbe mettere in moto dei telai, distribuiti nelle case operaie, e affidati alle donne che non lavorano nell’opifizio. Questo sistema aumenta quindi il benessere della famiglia senza lederla, senza togliere i figli alle cure dirette delle madri”.
Divenne subito assistente e poi docente di Fisica Tecnica presso il Regio Museo Industriale Italiano (che costituì poi nel 1903 il Politecnico di Torino).
La sua vita fu segnata da una tragica vicenda, quando il fratello maggiore Adamo, che lo ospitava nella sua casa a Torino, garibaldino e medico personale di Garibaldi, morì a Digione durante l’ultima impresa di Garibaldi nel 1871 e toccò a lui recuperarne il corpo e poi prendersi cura dei tre figli, assistito dalla sorella che lo raggiunse a Torino. Non ebbe invece una sua discendenza e non si sposò.
Per opera sua l’Esposizione internazionale di Torino nel 1884 fu estesa all’elettrotecnica. Studiò il trasformatore, che non aveva inventato, e ne calcolò il rendimento dandone anche una spiegazione teorica che servì a progettare e costruire trasformatori più efficienti. Le equazioni usate nelle facoltà di Ingegneria di tutto il mondo e i simboli usati sono ancora oggi quelli utilizzati nei suoi corsi al Regio Museo e illustrati nelle sue Memorie presentate all’Accademia delle Scienze di Torino.
Con questi dispositivi, nell’ottobre del 1884, Ferraris organizzò, tra Torino e Lanzo, la prima dimostrazione al mondo di trasmissione a distanza di energia elettrica alternata, alla presenza di una commissione internazionale.
Nel 1885 dimostrò sperimentalmente, in pubblico, l’esistenza di un campo magnetico rotante generato mediante due bobine fisse, tra loro perpendicolari, percorse da correnti della stessa frequenza. Un cilindro di rame, immerso nel campo magnetico, si mise in movimento, tra la meraviglia dei presenti, sotto l’azione delle forze elettrodinamiche tra campo rotante e correnti. È la nascita del motore asincrono. Pubblica la teoria del motore asincrono sulla rivista L’Elettricità, soltanto dopo tre anni, nell’aprile del 1888. Nel maggio dello stesso anno Nikola Tesla deposita in America cinque brevetti sui motori asincroni, poi acquistati da Westinghouse.
Pur essendo innegabile la sua priorità sul principio di funzionamento e sulle basi teoriche del motore asincrono, Galileo Ferraris non ne fu amareggiato; schivo e fermamente credente nella missione dello scienziato, non volle mai chiedere brevetti per le sue idee: "Ho visto a Francoforte che tutti attribuiscono a me la prima idea, il che mi basta. Gli altri facciano pure i denari, a me basta quel che mi spetta, il nome". Al convegno internazionale di elettricità che si tenne a Chicago, nell’agosto 1893, fu da tutti riconosciuto che la scoperta del campo magnetico rotante era dovuta a lui.
A proposito del convegno di Chicago, il prof. Carhart scrisse su "The Electrical World": "[Ferraris] era il solo rappresentante dell’Italia nella Camera dei Delegati. Un comitato, che riuniva i migliori rappresentanti di varie nazionalità, era stato incaricato di formulare la definizione dell’unità di misura dell’induttanza (henry). Tale comitato si incontrò ma non riuscì a concordare una definizione sulla quale tutti fossero d’accordo. Alla fine furono proposti due testi, dopo alcuni minuti di discussione il prof. Ferraris suggerì di cambiare in uno dei due testi alcune parole (due, forse tre) e questo pose la definizione nella forma finale da tutti accettata. Fu così evidente che questo uomo, che parlava l’inglese con molta difficoltà ed esitazione, aveva formulato in una lingua straniera una definizione che i suoi colleghi di madre lingua inglese avevano cercato di fare invano".
I modelli originali dei motori asincroni di Galileo Ferraris che furono da lui usati per l’insegnamento delle Scienze Elettriche andarono distrutti nell’incendio dell’Esposizione Nazionale Elettrica di Como nel 1899 insieme con i cimeli di Alessandro Volta. Copie sono attualmente conservate presso l’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris.
Intensa la sua partecipazione anche alla vita della città. Fu a lungo consigliere e poi assessore municipale, ma soprattutto svolse un’intensissima attività didattica e di ricercatore che culminò con la creazione nel 1888 della "Scuola di Elettrotecnica", la prima costituita in Italia e tra le prime del mondo. La sua scuola venne frequentata anche da funzionari delle varie Amministrazioni del nuovo Paese che si formava, inviati a Torino per apprendere la nuova disciplina.
Nel 1896 fondò l’Associazione Elettrotecnica Italiana e ne divenne il primo Presidente. Nello stesso anno fu nominato Senatore del Regno in riconoscimento dei suoi contributi scientifici e del suo prestigio internazionale. Partecipò ad una sola seduta perché tre mesi dopo moriva, ma nel discorso per la nomina disse: "lasciate che la mia mente, fissando l’avvenire, si bei nella visione di una generazione non altro intenta che al bene del comune Paese".
Appassionato di musica, suonava il pianoforte e si interessò soprattutto alle opere di Wagner del quale studiava le partiture, frequentando attivamente la vita musicale cittadina. Ricorda il musicista Alfredo Casella: “quando seppe che esisteva a Torino un fanciullo che amava in pari tempo Bach, Beethoven e l’elettrotecnica, volle conoscerlo. Venne numerose volte a casa facendomi suonare per lui e interrogandomi sui miei studi scientifici…”. Nel 1895 era nel Consiglio Direttivo della Orchestra Musicale, la prima orchestra stabile in Italia, diretta da Toscanini.
Il 31 gennaio 1897 non si sentiva bene, ma da appassionato melomane andò a teatro (davano “Sansone e Dalila” di Saint Saens, diretta da Toscanini) e il giorno dopo, a causa della forte febbre, interruppe le lezioni. “Signori, la macchina è guasta, non posso continuare" disse nel congedarsi dagli studenti, ma non volle essere riaccompagnato a casa. Morì dopo alcuni giorni di polmonite a soli cinquanta anni.
L’invenzione del motore asincrono e i suoi studi sul funzionamento e sul rendimento dei trasformatori cambiarono il mondo. Inoltre, come ricordava il prof. Leschiutta su La Stampa in occasione del centenario della morte, “lo scienziato torinese svolse due ruoli importanti: a livello internazionale: far conoscere ed apprezzare la ricerca elettrica italiana che era rinata (oltre a lui con Pacinotti a Pisa, che inventa la dinamo, con Colombo a Milano, che fonda la prima centrale elettrica europea), e in secondo luogo facendo di Torino, che stava uscendo dal trauma della perdita del ruolo di capitale, la capitale dell’insegnamento della nuova elettrotecnica già dal 1882, poi con la sua “Scuola con Laboratorio di Elettrotecnica” che confluì nel Politecnico di Torino.
Col suo nome fu battezzato nel 1932 quello che sarebbe dovuto essere il laboratorio di ricerche della SIP (Società Idroelettrica Piemonte) e divenne l’ Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris.