Evangelista Torricelli
Si hanno scarse notizie sulla sua infanzia: molte biografie lo danno nato a Faenza, ma sembra certo che sia nato a Roma, dopo il ritrovamento negli archivi vaticani della registrazione del battesimo nel 1987. Rimasto presto orfano del padre Gaspare Ruperti, forse un muratore di Bertinoro (Ra), prese il cognome della madre Giacoma Torricelli, di una nota famiglia di Faenza.
Fu educato da uno zio, monaco camaldolense, poi, come scrisse lui stesso in una lettera a Galileo, continuò gli studi sotto la disciplina delli padri gesuiti tra il 1619 e il 1624, non si sa se a Faenza o a Roma. Di certo a diciotto anni fu allievo a Roma di Benedetto Castelli al Collegio della Sapienza.
Nel 1632 fu pubblicato il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo e Castelli, uno dei discepoli e amici di Galileo, osservava le reazioni dell’ambiente romano. Dovendo assentarsi pregò il giovane Torricelli, che fungeva da suo segretario, di rispondere ad una lettera di Galileo, informandolo della sua azione per evitare una condanna del libro.
Torricelli scrisse quindi una lettera l’11 settembre del 1632, aggiungendo di avere letto egli stesso il libro, di avere studiato bene la questione e professandosi di setta galileista. Aggiunse anche, come visto, un suo breve curriculum probabilmente per ingraziarsi il favore di Galileo.
Fu questa la sola occasione in cui si dichiarò manifestamente copernicano, e fu scosso profondamente dalla condanna di Galileo da parte del Sant’Uffizio nel 1633, avendo anche seguito la vicenda del processo per tenere informato Castelli, fuori Roma al tempo.
Poco si sa della sua attività sino al 1641, in questo periodo era segretario di Giovanni Battista Ciampoli inviato in Umbria e Marche come Governatore per scontare la sua ammirazione per Galileo. Si era però occupato del moto dei corpi, come testimonia una lettera di Castelli a Galileo nella quale viene citato un libro fatto da un mio discepolo che ha dimostrato molte proposizioni…
Galileo fu favorevolmente colpito dal libro e, malato e quasi cieco, accettò la proposta fattagli da Castelli di prendere Torricelli come aiutante per la stesura delle sue opere. Dopo alcune esitazioni e rinvii, dei quali Galileo stesso si rammaricò, nell’ottobre del 1641 partì per Arcetri e redasse, assieme a Vincenzo Viviani, la Quinta Giornata aggiunta ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, già pubblicati a Leida nel 1638.
La morte di Galileo il 6 gennaio del 1642 interruppe l’attività di Torricelli che decise di tornare a Roma, ma Ferdinando II de’ Medici gli offrì il posto di ‘matematico del Granduca’ e ‘lettore di matematica’ che erano stati di Galileo.
Iniziò quindi un intenso periodo di lavoro che completò e continuò l’opera di Galileo in tutti i campi, eccetto che nell’astronomia della quale non si occupò mai.
In geometria ottenne notevoli risultati col metodo degli indivisibili, introdotto da Bonaventura Cavalieri col quale collaborò strettamente instaurando anche una profonda amicizia.
Applicò anche la geometria allo studio del moto e, in quanto erede di Galileo, affrontò le critiche di Cartesio e Gilles de Roberval, in particolare sul moto dei proiettili. In una lettera a quest’ultimo propone di non doversi parlare di ‘proiettili’ o ‘corpi’ (che appartengono alla fisica), ma di ‘punti’ astratti (che appartengono alla geometria). Il rifugiarsi sull’aspetto astratto della teoria del moto sembra un modo per fuggire le controversie, come scrive, ma non gli impedisce di descrivere le traiettorie realmente osservate.
La ricerca che lo rese famoso fu quella sulla pressione atmosferica che lo portò al famoso esperimento con il barometro a mercurio, realizzato nella primavera del 1644.
Un esperimento simile era stato realizzato a Roma, alla presenza di Attanasio Kircher, da Gaspare Berti, usando l’acqua e la principale novità di Torricelli fu di usare mercurio riducendo così l’altezza della colonna.
L’esperimento ebbe vasta risonanza e rilanciò la polemica sull’esistenza del vuoto nello spazio sopra il mercurio, negata dai gesuiti. Torricelli non partecipò al dibattito, in due lettere a Padre Michelangelo Ricci descrisse l’esperimento senza prendere posizione e nel giugno 1644 scrisse: molti hanno detto che il vacuo non si dia, altri che si dia, ma con repugnanza della Natura e con fatica.
A parte le due lettere non scrisse altro sull’argomento, molto probabilmente a causa del disappunto per l’intervento dei teologi nel dibattito. Ricci infatti rispose: Stimo che sarà pur troppo nauseato dalla temeraria opinione de’ suddetti Teologi, e dal costume costante di meschiar subito le cose di Dio ne’ ragionamenti naturali, dove che quelle dovrebbono con maggior rispetto, e riverenza esser trattate.
Non prese posizione, dopo la lettera del 1632, nemmeno sul copernicanesimo e, richiesto di un parere da parte di Marin Mersenne sull’opuscolo Aristarcus, pubblicato da Roberval, rispose che non si interessava al contenuto dell’opera, esprimendo solo dubbi sulla reale attribuzione dell’opera ad Aristarco di Samo (a ragione perché in effetti era dello stesso Roberval). Discusse però di astronomia con alcuni ospiti stranieri, secondo quanto da essi riportato, e in una scheda nella Biblioteca Laurenziana si accenna a ‘scritti e studi di astronomia del Torricelli’ dei quali non si è trovata traccia.
Nel 1644, invece, pubblicò, col titolo di Opera geometrica, gli scritti di geometria e quelli sulla teoria del moto (De motu gravium) che Castelli aveva fatto leggere a Galileo.
In questo lavoro è contenuto quello che è ora noto come Teorema di Torricelli sulla velocità di uscita di un liquido da un foro. Nel libro II espose anche quello che oggi è definito il moderno principio dei lavori virtuali, partendo da una revisione di un teorema di Galileo sulle velocità nella teoria dei proietti, che egli considerava dubbioso e come una “petizione”. Il tutto con soli ragionamenti per assurdo, sebbene conoscesse il metodo di Cavalieri.
Era anche un abile molatore di lenti, con le quali costruiva telescopi e microscopi, e alcune di queste, esaminate con tecniche moderne nel 1924 si dimostrarono migliori di molte lenti dei secoli successivi.
Oltre alle opere già citate tenne, dal 1642, alcune lezioni all’Accademia della Crusca, poi pubblicate, e in una di queste diede la prima corretta spiegazione dei venti dovuti a differenze di temperatura e quindi di densità tra le varie regioni della Terra.
La diffusione dell’opera di Torricelli in Francia suscitò polemiche sulla priorità di alcuni suoi risultati, specialmente sulla cicloide, dalle quali si voleva difendere pubblicando le lettere scambiate con gli scienziati francesi, ma la morte lo colse, a 39 anni, forse per una febbre tifoidea.
Qualche ora prima di morire si volle assicurare che i suoi manoscritti fossero pubblicati, affidandoli all’amico Ludovico Serenai, ma né Benedetto Castelli, né Michelangelo Ricci, né Vincenzo Viviani, che li raccolse e ordinò, riuscirono ad esaudire il suo desiderio. Tre volumi furono pubblicati nel 1919 a cura di Gino Loria e un quarto solo nel 1944, a quasi trecento anni dalla morte, mentre purtroppo alcuni manoscritti autografi andarono distrutti a Faenza durante la guerra.
Faenza lo ricorda con il Museo Torricelliano, con la Società Torricelliana di Scienze e Lettere e con un Liceo Classico, mentre l’Istituto e Museo di storia della Scienza di Firenze gli ha dedicato la mostra ‘horror vacui’ nel 1999.
Un’unità di misura della pressione è stata chiamata in suo onore torr.