Ernst Mach
Nato in un sobborgo dell’attuale Brno a due anni si trasferì vicino a Vienna e fu istruito a casa dal padre, dotato di una solida cultura classica, in modo informale e divertente fino a 14 anni. Dopo un breve periodo al Gymnasium di Kromeriz, si iscrisse a 17 anni all’Università di Vienna dove studiò matematica, fisica e filosofia ed ottenne il dottorato nel 1860 con una tesi “sulle scariche elettriche e sull’induzione”.
Ottenne una libera docenza all’Università di Vienna e tenne un corso di fisica per studenti di medicina, poi pubblicato, che lo portò a riflettere su come presentare la fisica ai non specialisti e sulle contraddizioni presenti nei manuali del tempo.
I suoi primi lavori di ricerca furono sull’effetto Doppler, quindi nel 1864 si trasferì all’Università di Graz come Professore di matematica e dal 1866 anche di fisica. In questo periodo si interessò di fisiologia della percezione e tra l’altro studiò un’illusione ottica ora chiamata bande di Mach.
Nel 1867 ottenne il posto di Professore di fisica sperimentale all’Università di Praga e divenne anche Preside della facoltà di filosofia nel 1872, quando pubblicò il suo primo lavoro storico-critico, Storia e radici del principio di conservazione dell’energia, nel quale afferma la necessità di un esame storico perché “solo seguendo la scienza nel suo prodursi è possibile capirne la natura, gli intenti e i limiti”.
Dal 1879 al 1880 è nominato Rettore dell’Università di Praga e dopo la divisione dell’Università diventò ancora Rettore dell’Università Tedesca di Praga nell’anno accademico 1883-84.
Dal 1877 si occupò di tecniche fotografiche e ottiche assieme al figlio Ludwig e con queste dal 1881 iniziò, insieme all’esperto belga di artiglieria Melsens, a studiare il moto dei proiettili, arrivando a determinare l’esistenza di onde d’urto quando la velocità supera quella del suono e introducendo l’angolo di Mach μ (angolo di apertura del cono delle onde d’urto, definito dalla relazione: sen μ = vsuono/vproiettile) e il numero di Mach (vproiettile/vsuono) ancora usato per indicare le velocità di aerei supersonici.
Nel 1883 pubblicò la prima edizione de La meccanica nel suo sviluppo storico-critico che ebbe altre otto edizioni, curate da Mach stesso fino alla settima del 1912, l’ottava da Petzold mentre la nona del 1933 fu curata dal figlio Ludwig (prima ed. italiana del 1908, l’ultima di Bollati Boringhieri nel 1977, con numerose ristampe). In questa opera analizza soprattutto la meccanica newtoniana, in particolare criticando la nozione di spazio assoluto come non osservabile e quindi ‘metafisica’ e i tre principi della dinamica considerati ridondanti. Esamina criticamente anche il concetto di inerzia, considerandola non una proprietà dei singoli corpi, ma una proprietà dipendente da tutta la materia presente nell’Universo (Einstein nella sua relatività generale chiamerà questo principio di Mach).
Nel 1886 pubblicò Contributi all’analisi delle sensazioni (ed. italiana Feltrinelli, Milano, 1975), nel quale afferma l’esistenza soltanto degli enti percettibili (fenomenismo) negando, per esempio, l’esistenza reale degli atomi. Lo scopo dello scienziato per Mach è di trovare connessioni tra i fatti ed esprimerle nel modo più semplice, con esatte formule matematiche; la scienza non cerca le cause prime dei fenomeni (che sono metafisiche), ma la descrizione.
Nel 1895 è nominato Professore di ‘Storia delle filosofie induttive’ all’Università di Vienna, dove sviluppa ulteriormente la sua posizione filosofica, basata sull’empirismo, sull’eliminazione di concetti ‘superflui’ o ‘metafisici’, in nome di una economia del pensiero.
Queste posizioni, in particolare l’antiatomismo, ribadito nei suoi Principi di teoria del calore (1896), lo posero in forte contrasto con Ludwig Boltzmann, convinto assertore di teorie atomistiche, che per questo lasciò l’Università di Vienna e vi ritornò solo quando Mach si sarà ritirato, succedendogli proprio nella cattedra di filosofia della Scienza.
Nel 1898 ebbe un attacco cardiaco a seguito del quale nel 1901 fu costretto a pensionarsi, anche se continuò a scrivere e a partecipare attivamente al Parlamento austriaco al quale era stato chiamato.
Oltre a curare nuove edizioni ampliate ed aggiornate delle sue opere precedenti pubblicò nel 1905 Erkenntnis und Irrtum (Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della scoperta – Ed. italiana Einaudi, Torino, 1982), e nel 1915 Cultura e meccanica, mentre postumi uscirono I principi dell’ottica fisica, sviluppati in forma conoscitivo-psicologica.
Nel 1913 si ritirò a Vaterstetten, vicino a Monaco, dove abitava il figlio maggiore Ludwig e dove morì nel 1916.
La sua posizione filosofica non fu accettata da grandi scienziati quali Boltzmann e Planck, ma fu considerata un modello metodologico di analisi critica dai fondatori nel 1929 del cosiddetto Circolo di Vienna (intitolato appunto a Mach) e influenzò anche alcuni filosofi marxisti russi tanto che nel 1908 Lenin scrisse il suo saggio Materialismo ed empiriocriticismo proprio per contrastare le tesi dei ‘machisti’ che accusava di idealismo.
Esercitò un forte influsso su Einstein, che gli scrive lettere definendosi ‘devoto discepolo’ soprattutto per la genesi della relatività, ma si accorse ben presto dell’allontanamento dalle sue concezioni, verso posizioni realiste, di quello che considerava il suo migliore allievo e che aveva aiutato nel 1909 ad avere la cattedra di Praga. Nel 1913, in una lettera pubblicata solo postuma, si distacca totalmente dalla relatività; Einstein reagì in maniera durissima dichiarando che Mach era stato un bon mécanicien, mais un déplorable philosophe.
Comunque lo stesso Einstein ammise l’influenza, anche inconsapevole, di Mach sui fisici del tempo, dichiarando che persino quelli che si dichiarano avversari di Mach non si rendono conto di quanti suoi punti di vista hanno assorbito, per così dire, col latte materno.