Edwin Powell Hubble
Nacque in una piccola città del Missouri, nel 1898 la sua famiglia si trasferì a Chicago dove frequentò le scuole senza eccellere particolarmente, a parte in atletica, specialmente nel salto in alto del quale detenne a lungo il record dell’Illinois. Anche all’Università di Chicago fece parte della squadra di basket e praticò il pugilato.
Prese la laurea in matematica e astronomia, infatti fin dall’infanzia era affascinato dai misteri della scienza, specialmente attratto dalla lettura dei romanzi di Jules Verne.
Ebbe una borsa di studio per studiare a Oxford, non scienza ma legge. Dopo il suo ritorno negli Stati Uniti nel 1913 e una breve esperienza legale nel Kentucky decise infine di dedicarsi professionalmente all’astronomia. Studiò all’Osservatorio Yerkes, dell’Università di Chicago, e nel 1917 ottenne il dottorato in astronomia.
Dopo un breve periodo di servizio militare durante la Grande Guerra, trovò lavoro all’Osservatorio di Monte Wilson in California.
All’inizio del ‘900 gli astronomi ritenevano che la nostra galassia fosse l’intero universo e misuravano distanze di poche migliaia di anni-luce, negli anni ‘10 Harlow Shapley mostrò che la nostra galassia si estendeva per più di 100.000 anni-luce e Henrietta Leavitt stabilì che almeno due Nebulose, le Nubi di Magellano, erano ai bordi della galassia.
Hubble nel 1923 e 1924, servendosi del più grande telescopio allora disponibile, l’Hooker da 2,5 m di diametro, cominciò ad esaminare la Nebulosa di Andromeda. All’interno di questa osservò delle stelle (Cefeidi, variabili, presenti anche nella nostra galassia) di cui riuscì a determinare la distanza in più di un millione di anni-luce. Dimostrò così che si trattava di un’altra galassia, simile alla nostra; determinò poi le distanze di altre galassie spostando i confini dell’universo a centinaia di milioni di anni-luce.
Confrontando poi le distanze delle galassie osservate, misurate attraverso la loro luminosità, con le velocità di allontanamento, calcolata dal redshift misurato (effetto Doppler), nonostante i pochi dati disponibili ipotizzò nel 1929 una relazione di proporzionalità diretta, ora nota come legge di Hubble, la cui spiegazione più semplice fu rivoluzionaria: l’universo si espande.
La legge di Hubble fu poi confermata da nuovi dati e viene ora considerata come una prova osservativa dell’espansione dell’universo e della teoria del big bang e un metodo per determinare l’età dell’universo.
Nel 1917 Albert Einstein aveva ipotizzato l’espansione dell’universo, ma ritenendola impossibile, si era poi corretto introducendo un universo immobile e stazionario. Dopo le scoperte di Hubble, ritenne questa correzione delle sue idee originali il suo più grande errore e volle fare visita ad Hubble nel 1931 per ringraziarlo personalmente.
Nel 1942 Hubble lasciò Monte Wilson per contribuire a sconfiggere il nazismo, al principio voleva arruolarsi, come aveva fatto nella Prima Guerra mondiale, poi decise di offrire i suoi servizi come scienziato e si occupò di servizi civili, per questo ottenne una Medaglia al merito nel 1946.
Dopo la guerra tornò a Monte Wilson, convinse i dirigenti che serviva un telescopio più potente e diede un decisivo contributo alla progettazione del nuovo telescopio Hale di Monte Palomar, ottenendo l’onore di usarlo per primo. Quando lo intervistarono per chiedergli cosa si aspettava di scoprire con quel telescopio, rispose: “mi aspetto di scoprire qualcosa di inaspettato”.
Nel 1948 ebbe una cattedra onoraria al Queen’s College di Oxford per i suoi contributi all’astronomia e alla cosmologia. Continuò a lavorare a Monte Wilson e Monte Palomar fino alla prematura morte per trombosi.
Le osservazioni di Hubble vennero fatte col migliore telescopio allora esistente; per questa ragione il suo nome è stato dato, non al più grande, ma al migliore telescopio ora disponibile, che continua idealmente il lavoro dello scienziato. Questo strumento non è sulla Terra, ma è stato messo in orbita terrestre dallo Shuttle: si tratta dello Hubble Space Telescope al quale si devono le più belle immagini di lontanissime galassie, visibili anche sul Web.