Carlo Matteucci
Figlio di Vincenzo Matteucci, medico, e di Chiara Folfi, a quattordici anni fu ammesso alla facoltà di scienze matematiche e fisiche all’Università di Bologna dove si laureò, giovanissimo, nel 1828. Già da studente, intraprese in casa ricerche di elettrochimica ed elettrofisiologia, seguendo la tradizione di Luigi Galvani, pubblicate poi dagli Annales de chimie et de physique.
Per perfezionarsi, l’anno seguente si recò in Francia, all’École Polytechnique di Parigi, dove ebbe come docente François Arago, di cui divenne amico.
In quegli anni studiò la pila di Volta, schierandosi tra gli oppositori della teoria del contatto, e arrivò a formulare le leggi dell’elettrolisi, contemporaneamente a Faraday con il quale intrattenne una corrispondenza epistolare.
Nel 1831, all’epoca dei moti, tornò a Forlì, come professore all’Università di Bologna ma, avendo manifestato alcune idee teologicamente sospette sui viventi, fu indagato dall’inquisizione e nel 1834, alla morte del padre, si stabilì a Firenze.
Nel 1837 fu invitato dall’Arcivescovo Falconieri, all’Ospedale di S. Maria della Croce di Ravenna, a dirigervi i laboratori chimico-farmaceutici e ad insegnare fisica. Qui ebbe come aiuto il futuro statista Carlo Farini.
Presentò all’Accademia delle Scienze di Parigi alcune apprezzate memorie, nelle quali soprattutto esponeva la sua scoperta delle correnti muscolari, che gli fecero ottenere il Premio dell’Accademia per la fisiologia sperimentale.
La scoperta della corrente d’azione, osservata già nel 1838, è considerata il suo più importante risultato. Il potenziale d’azione dei muscoli (fenomeno legato alla contrazione) fu poi “riscoperto” da Emil Du Bois-Reymond, medico e fisiologo tedesco (1818-1896), e di quest’ultimo oggi porta il nome. Du Boys-Reymond lesse i lavori di Matteucci e ne fece la base della sua tesi di dottorato (sui ‘pesci elettrici’), iniziando da qui gli studi sulla bioelettricità poi pubblicati in Researches on Animal Electricity (1848-1884). In seguito a ciò Matteucci ebbe con lui una lunga polemica, non solo scientifica.
Nel 1841, grazie allo scienziato tedesco Alexander von Humboldt, sollecitato da Arago, ottenne dal Granduca Leopoldo di Toscana la cattedra di Fisica sperimentale all’Università di Pisa.
Ebbe a disposizione come residenza la storica Villa di Corliano a San Giuliano Terme dove conobbe la scozzese Robinia Young che divenne sua moglie.
Nel 1844 insieme ai fisici Riccardo Felici e Enrico Betti fondò la rivista Il Cimento, giornale di fisica, chimica e storia naturale, che nel 1855 diventerà Il Nuovo Cimento, scelto poi nel 1897 come organo ufficiale della Società Italiana di Fisica (SIF).
A Pisa fece varie esperienze sull’uso della terra come conduttore di segnali elettrici e con conduttori lunghi diversi chilometri, realizzò un primo telegrafo sperimentale tra Pisa e Livorno.
In quegli stessi anni studiò la propagazione dell’elettricità in corpi isolanti solidi, liquidi e gassosi e i fenomeni magnetici e diamagnetici, continuando pure gli studi di elettrofisiologia, in particolare la ricerca sui centri nervosi delle torpedini elettriche – un argomento studiato in Europa già da diversi decenni – in cui individuò l’origine cerebrale delle scariche e i loro meccanismi di generazione e propagazione.
Nel 1846 inventò il chimografo, uno dei primi strumenti per la misurazione e la registrazione degli eventi muscolari nell’organismo.
I moti del 1848 lo videro protagonista, si schierò per l’indipendenza e, come senatore della Toscana, sostenne l’intervento a fianco di Carlo Alberto di Savoia, ma dopo l’esito infruttuoso della prima guerra di indipendenza ritornò alle sue ricerche.
Nel 1856 pubblicò L’Italia dopo la pace di Parigi, in cui espone il suo progetto di Stati confederati (‘Unione della Nazione Italiana’) e critica la soluzione unitaria. Quando i Ducati dell’Emilia e poi la Toscana votarono invece per l’annessione al Regno di Sardegna, divenne sostenitore del progetto federalista: accettava l’unificazione dell’Italia sotto i Savoia, ma non la formula dello stato accentratore, perché secondo lui non dava le stesse garanzie di pluralismo e di autonomia.
Queste idee furono esposte in una serie di articoli pubblicati tra il 1859 e ’60 nella rivista Révue des deux mondes, in cui tratta dei compiti del potere centrale e degli enti territoriali nel nuovo Regno unito, recensiti con favore da Carlo Cattaneo su Il Politecnico.
Nel 1860 fu nominato Senatore del Regno e ispettore generale delle linee telegrafiche.
Dopo l’Unità d’Italia diventò nel 1862 Ministro della Pubblica istruzione nel breve governo di Urbano Rattazzi. Durante il suo mandato elaborò un progetto di organizzazione della scuola pubblica su vari livelli, statale, provinciale, comunale e a lui si deve l’unificazione dei programmi di esame tra le varie università italiane. Inoltre nel novembre del ’62 istituì l’Istituto Tecnico Superiore di Milano, poi Politecnico.
Rimase poi in seguito nell’ambiente del Ministero come Vicepresidente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione dal 1864 al ’66 e nel 1867-68.
Dal 1864 Professore emerito dell’università di Pisa, fu poi Direttore del Museo di fisica e storia naturale dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze.
Oltre a numerosi articoli pubblicò vari trattati: Lezioni di fisica (Pisa, 1841), Trattato dei fenomeni elettrofisiologici degli animali (1844), Manuale di telegrafia elettrica (Pisa, 1850), Corso di elettrofisiologia (1857).
Fu socio e membro di numerose Accademie tra cui l’Accademia delle Scienze di Torino, di Modena e di Napoli e socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Parigi. Membro dal 1840, e poi Presidente (1866-68), dell’Accademia Italiana delle Scienze, detta dei XL.
Fu anche tra i fondatori del Club Alpino Italiano.
Nel 1848 ottenne la prestigiosa Medaglia Copley della Royal Society di Londra (oltre a lui gli italiani ad averla ricevuta, a tutt’oggi, sono Alessandro Volta nel 1794, Giovanni Plana nel 1834 e Stanislao Cannizzaro nel 1891).
A lui è intitolato il premio Medaglia Matteucci dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, istituito nel 1870 per premiare rilevanti contributi al progresso della scienza apportati con opere o scoperte da fisici italiani e stranieri.
‘Egli era uomo affabile e di facile conversare: quale insegnante dotato di un dono didattico speciale, sicché sapeva rendere facile all’intelligenza eziandio cognizioni talvolta astruse. Cittadino amante della patria, religioso, benevolente. E quanti lo conobbero l’apprezzarono, anzi l’amarono …’ (dal necrologio letto in Senato da Gabrio Casati).