Blaise Pascal
Terzo figlio di Etienne Pascal, esattore delle tasse e appartenente alla piccola nobiltà, perse la madre all’età di tre anni e fu educato personalmente dal padre che si era trasferito con la famiglia a Parigi. Il padre voleva proibirgli lo studio della matematica fino a 15 anni e rimosse i libri dalla biblioteca di famiglia, ma, forse incuriosito proprio da questo, il giovane Blaise lavorò da solo sulla geometria a partire da 12 anni. Dimostrò alcuni teoremi e solo allora il padre cedette e gli permise di leggere Euclide.
A 15 frequentava il circolo di Padre Marin Mersenne, che era in corrispondenza con Galileo, Cartesio, Torricelli e altri famosi scienziati del tempo, dove conobbe Gassendi, Roberval, Desargues e altri, e a 16 anni gli presentò il suo primo lavoro contenente teoremi di geometria proiettiva e il suo ‘esagono mistico’.
Nello stesso anno il padre si trasferì a Rouen, dove era stato nominato capo esattore delle tasse dal cardinale Richelieu, subito dopo Blaise pubblicò il suo Saggio sulle sezioni coniche (Essai sur les coniques, 1642),
Per aiutare il lavoro del padre nella contabilità inventò la prima macchina calcolatrice, chiamata Pascalina, alla quale lavorò dal 1642 al 1645 e per la quale ottenne una ‘licenza reale’. Alcune difficoltà tecniche derivavano dal sistema monetario francese del tempo, non decimale, ma furono superate brillantemente e nel 1652 erano pronti 50 prototipi anche se pochi furono venduti e la produzione cessò.
Nel 1646 il padre si ammalò e fu accudito da due fratelli che appartenevano al movimento religioso Giansenista e il giovane Blaise divenne da allora profondamente religioso.
In questo periodo iniziò una serie di esperimenti sulla pressione atmosferica e discusse sull’esistenza del vuoto con Cartesio che lo venne a trovare per un paio di giorni.
Cartesio, che non credeva al vuoto, scrisse ad Huygens della visita commentando: … ha troppo vuoto in testa. Tuttavia quando nel 1648 Pascal (grazie all’esperimento effettuato dal cognato Florin Périer, salito sul Puy-de-Dôme) osservò che la pressione atmosferica decresce con l’altezza e dedusse che doveva esistere il vuoto al di sopra dell’atmosfera, Cartesio sostenne di avere lui stesso dato l’idea per l’esperimento.
Nel 1647 scrisse Expériences nouvelles touchant le vide (Nuove esperienze riguardanti il vuoto) che diede origine ad una vasta disputa tra gli scienziati sull’esistenza del vuoto.
Nel 1651 il padre morì e Blaise scrisse alle sorelle alcune riflessioni sulla morte che formeranno la base per la sua nota successiva opera filosofica: Pensieri.
Dal 1653 lavorò al Traité de l’équilibre des liqueurs (Dell’equilibrio dei liquidi), pubblicato nel 1663, insieme al De la pesanteur de l’air (Della pesantezza dell’aria), dal cognato Périer che aveva collaborato agli esperimenti, nel quale espone quello che è noto come ‘principio di Pascal’ per la pressione e che costituisce la prima trattazione sistematica dell’idrostatica e il suo maggiore contributo alla fisica.
A lui viene anche attribuita l’invenzione del torchio idraulico e di pompe per prosciugare le paludi di Poitou, un progetto che gli era stato commissionato.
In matematica si dedicò soprattutto allo studio delle coniche, che doveva portare ad un trattato, mai completato ed andato perso, in parte conosciuto per le note fatte da Leibniz.
Studiò anche il ‘triangolo di Pascal’ (noto anche come triangolo di Tartaglia) nel Traité du triangle arithmétique (Trattato sul Triangolo Aritmetico) del 1654, ma pubblicato solo nel 1665, che tramite Wallis guidò Newtonalla scoperta del teorema generale dei coefficienti binomiali.
In cinque lettere scambiate con Fermat nel 1654 pose le basi del calcolo delle probabilità, discutendo del ‘problema dei dadi’, precedentemente affontato da Cardano e contemporaneamente da Luca Pacioli e Tartaglia.
In questo periodo ebbe seri problemi di salute e sfiorò la morte in un incidente stradale, quando la sua carrozza si ribaltò sul ponte di Neully sulla Senna. Pur uscendone fisicamente illeso, ne fu molto turbato e questo accentuò la sua attenzione verso la religione e la filosofia.
Si avvicinò al Giansenismo dei ‘solitari’ dell’Abbazia di Port-Royal, tra i quali era già la sorella, e scrisse, con lo pseudonimo di Louis de Montalte, diciotto Lettere provinciali in difesa dell’amico Antoine Annauld, che veniva giudicato alla Sorbona per un’aspra controversia religiosa con i Gesuiti. Per ordine di Luigi XIV il libro fu distrutto nel 1660.
Nel 1656 iniziò a scrivere quella che, secondo alcuni, doveva essere una grande opera filosofica cristiana, interrotta più volte per la salute malferma e mai terminata. Le bozze e i frammenti sparsi furono raccolti nel 1670 dai familiari nei celebri Pensieri (Les Pensées) una serie di riflessioni filosofiche e religiose sulla sofferenza e la fede, che contiene la famosa ‘scommessa’ come motivazione razionale della fede.
Filosoficamente attacca soprattutto il razionalismo di Cartesio e la sua idea di Dio come ‘motore dell’universo’: “Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopo di che non sa più che farne” (Pensieri, 77 ).
Rispetto alla conoscenza scientifica afferma che ci sono due tipi di conoscenza, lo "spirito di geometria" (esprit géométrique), la conoscenza scientifica e analitica, ottenuta con procedimenti perfettamente geometrici e razionali, seppur lontani dall’uso comune, e lo "spirito di finezza" (esprit de finesse), la conoscenza esistenziale dell’uomo, dei principi che governano la sua sfera spirituale, di tipo sintetico, che si rivolge ai principi e fenomeni di "uso comune" e riesce a cogliere tali fenomeni nella loro interezza e complessità. Il primo non è sufficiente per comprendere la realtà, poiché non arriva a capire i fondamenti dell’esistenza umana, tuttavia la scienza e la filosofia non hanno due direzioni totalmente differenti, né si avversano l’un l’altra, ma sono l’una il completamento dell’altra. E’ uno dei primi pensatori che hanno tentato di conciliare la scienza (che si fonda sullo "spirito di geometria") e la fede (che si fonda sullo "spirito di finezza").
Il suo pensiero influenzò Jacques Rousseau, Ralph Waldo Emerson, Martin Heidegger, nonchè, tra i tanti, Søren Kirkegaard, Alessandro Manzoni e Fedor Dostoevskij.
Tornò ai lavori matematici, perché non dormiva di notte, nel 1658, sulla cicloide, usando il principio di Cavalieri per calcolare le aree e il baricentro di segmenti di cicloide. Risolse anche il problema del volume e area del solido ottenuto da una rotazione di una cicloide attorno all’asse x. Questo problema era stato da lui proposto, come competizione a premio, a Leibniz, Wren, Huygens, Wallis, Fermat e altri. Wren rilanciò proponendo una sfida sulla misura della lunghezza dell’arco di cicloide e Pascal raccolse le sue soluzioni nelle Lettere a Carcavi.
Successivamente non si occupò più di matematica o di scienze dedicando tutto il suo tempo ai poveri e alla frequentazione di servizi religiosi nelle chiese di Parigi. Morì a 39 anni di tumore allo stomaco, tra intensi dolori, ma tutta la sua vita fu segnata dal dolore e dalla cattiva salute.
Il suo nome è stato dato all’unità di misura SI della pressione, il pascal, e ad un fortunato linguaggio di programmazione ideato da Niklaus Wirth nel 1970.
«… che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto…» (Pensieri, 72)