Antonio Barone
Nato da una famiglia agiata della nobiltà napoletana, fu un ragazzo particolare: era infatti uno straordinario piccolo pianista, con un futuro da concertista e recitò in una importante produzione cinematografica (con Enzo Cerusico coprotagonista del film “I due derelitti” del 1951) in seguito alla quale ebbe offerte di girare altri film, anche a Hollywood.
Tuttavia la famiglia e lui stesso preferirono non coltivare queste capacità e scelsero di mantenerle in un ambito non professionale, dedicando invece le sue energie allo studio, in cui era altrettanto versato.
Dopo ottimi studi scolastici presso i gesuiti, si iscrisse a Fisica all’Università di Napoli, dove si laureò nel 1967 sotto la guida di Renato Angelo Ricci, allora docente a Napoli.
Mantenne in seguito sia l’interesse per la fisica nucleare sia una grande e condivisa stima e amicizia per il suo relatore, come lui stesso, oggi Presidente Onorario della SIF, ha voluto ricordare nell’occasione della sua scomparsa.
Dopo la laurea entrò in contatto con Edoardo Caianiello allora Direttore dell’Istituto di Fisica Teorica a Napoli, che lo convinse a lavorare nel settore emergente della superconduttività. Caianiello, a cui resterà sempre molto legato, era incuriosito in particolare dalle potenzialità dei dispositivi Josephson per sensoristica e computazione, due settori rilevanti nel suo progetto di realizzare un Laboratorio di Cibernetica multidisciplinare nel CNR.
Venne quindi assunto dal Laboratorio di Cibernetica del CNR ad Arco Felice (Pozzuoli) nel 1968 ed entrò subito in un progetto bilaterale USA-Italia sull’effetto Josephson. Nel 1971 si recò come “invited scientist” negli Stati Uniti, a Madison, Wisconsin, con la giovane e bella moglie Sveva da cui da poco aveva avuto il figlio Alberto e avrà nel ’75 il secondo figlio, Livio.
Dal 1971 inizia anche l’attività didattica come professore incaricato di Fisica delle Basse Temperature all’Università di Napoli.
Nel 1977 il Comitato Scienze Fisiche del CNR, presieduto da Edoardo Amaldi, lo nominò Direttore dell’Istituto di Cibernetica (ora dedicato ad Edoardo Caianiello), posizione che mantenne per i successivi 13 anni, rimanendo poi sempre fortemente legato all’Istituto stesso.
Nel 1987 fu nominato professore ordinario di Struttura della Materia della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II, al Dipartimento di Scienze Fisiche, posizione che ha mantenuto fino al 2009, anno del pensionamento. Successivamente è stato nominato Professore Emerito presso la stessa Università.
L’attività didattica (lezioni e tesi) era per lui importantissima e l’ha svolta fino agli ultimi mesi con grande dedizione. In particolare, i suoi corsi di Struttura della Materia e Superconduttività attraevano sempre moltissimi studenti che ne decretavano un grande successo.
La sua attività scientifica si è sempre sviluppata nel settore della superconduttività e dell’effetto Josephson. Le linee di ricerca principali, sviluppate con i suoi numerosi collaboratori, sono state inizialmente la dipendenza dalla temperatura e dal campo magnetico della corrente Josephson, l’utilizzo di barriere semiconduttive e fotosensibili, i fenomeni fluttuativi, la propagazione di solitoni in giunzioni lunghe, l’effetto prossimità, i rivelatori di particelle (riallacciandosi alla sua esperienza di fisico nucleare e collaborando con l’INFN).
Queste intense attività di ricerca ebbero una grande risonanza internazionale, tanto che nel 1982 la casa editrice Wiley & Sons decise di commissionare, a lui e a Gianfranco Paternò dell’ENEA di Roma, la scrittura di un libro di testo sull’effetto Josephson, Physics and Applications of the Josephson Effect, libro che ha avuto un grandissimo successo ed è stato tradotto in russo, giapponese e cinese.
Questo periodo è stato anche caratterizzato dai molti contatti con l’Unione Sovietica e in particolare con il Landau Institute for Theoretical Physics di Mosca, data la sua attitudine a guardare sempre con grande attenzione agli aspetti teorici delle ricerche.
Nel giugno 1983 gli venne conferito il titolo accademico di “Dottore delle Scienze Fisiche e Matematiche”, il più alto conferito dalla Accademia delle Scienze di Mosca, primo scienziato occidentale a ricevere questo titolo. Come relatori alla sua tesi c’erano due futuri premi Nobel, Abrikosov e Ginsburg.
Questa frequentazione scientifica e la sua capacità di essere ponte tra la fisica dell’est e dell’ovest gli procurò in seguito qualche piccolo e assurdo problema legato all’affare Mitrokin, di cui soffrì, ma anche ulteriori riconoscimenti, come il conferimento del prestigioso premio Kapitza per la Fisica.
Con la scoperta dei superconduttori ad alta temperatura, nel 1987 si aprirono nuovi scenari e prospettive per il settore della superconduttività che seppe cogliere appieno, grazie alla sua grande sensibilità scientifica.
In particolare con il suo gruppo di ricerca diede rilevanti contributi ad aspetti collegati alla simmetria del parametro d’ordine nei superconduttori non convenzionali e il relativo impatto sulla fisica dell’effetto Josephson.
Negli ultimi anni con i suoi più giovani collaboratori lavorava principalmente agli aspetti di fisica quantistica macroscopica nei sistemi superconduttivi e allo studio di quantum bits per la computazione quantistica.
Nella sua carriera ebbe numerosi incarichi istituzionali e ricoprì varie cariche: fu direttore del Progetto Finalizzato CNR “Superconducting and Cryogenic Technologies”, a lungo Direttore della Sezione “Metalli, Magnetismo e Superconduttività“ dell’INFM, a cui è stato associato fin dalla fondazione (dopo la chiusura dell’INFM e la confluenza nel CNR è stato poi associato all’Istituto SPIN).
Il suo prestigio scientifico è stato definitivamente consacrato nel 2001 in occasione del centenario del premio Nobel, quando la Fondazione Nobel lo scelse come relatore sull’effetto Josephson.
Al di là delle tante attività di ricerca che ha personalmente sviluppato e seguito è stato soprattutto un “caposcuola”. Complessivamente tra diretti “figli scientifici” e “figli dei figli” si contano oltre un centinaio di ricercatori che si sono formati tra Napoli e Salerno, tra l’Università ed il CNR sulle tematiche di ricerca che ha inizialmente sviluppato. Di questi, molte decine hanno posizioni anche di rilievo nell’Università e in Enti di Ricerca.
Da più di vent’anni, subito prima delle feste natalizie, su sua iniziativa, si teneva, e si terrà ancora a lungo anche per onorarne la memoria, “Superconduttività Felix”, riunione di lavoro e auguri della comunità di superconduttività della “Campania Felix”. Alla riunione hanno partecipato sempre ben oltre i cinquanta ricercatori.
Alla festa che la Facoltà di Ingegneria gli aveva dedicato per i suoi settanta anni, nel 2009, c’erano importanti personalità della fisica italiana e internazionale come Luciano Maiani, allora Presidente del CNR, Roberto Petronzio, allora Presidente dell’INFN, e alcuni tra i massimi esperti di superconduttività, come Paul Chu, scopritore dei superconduttori ad alta temperatura, Direttore del più grande centro di superconduttività al mondo a Houston, Texas, e Massimo Inguscio, direttore del Dipartimento Materiali e Dispositivi del CNR, che ha sviluppato con grande successo alcune delle intuizioni di Barone.
Era sempre del tutto privo di interessi personali nella sua attività professionale e caratterizzato da un rigore morale che poteva essere definito persino eccessivo: si ricorda la sua cura nel richiedere tagli a diarie nelle missioni, nell’INFM o nel CNR, perché gli avevano offerto il pranzo o la cena.
Non amava le commissioni di concorso, dove sapeva che la sua correttezza estrema poteva metterlo magari in difficoltà con colleghi più spregiudicati.
Dedicava troppo poco tempo a se stesso, e a volte perfino alla famiglia che pure amava sopra ogni cosa, faceva tardissimo la sera al lavoro, non andava in vacanza, visto che viaggiava molto per lavoro, non andava al cinema o a teatro, ma a seminari e congressi, non leggeva romanzi ma articoli scientifici.
Era anche incline a deprimersi negli ultimi tempi, forse perché a torto non si sentiva più così capace di incidere nella ricerca come nel passato e non si accontentava di passare per vecchia gloria.
Era gentile, divertente e ironico (scriveva a volte piccoli racconti, anche sulla vita di Istituto, gioielli di umorismo), di spirito finissimo ed elegante come il suo tocco al pianoforte, sempre galante con le donne, mai invadente.
Come amico era discreto, sensibile, attento, protettivo. Era e si sentiva napoletano e sempre aveva la sua difficile città nel cuore. Alla sua scomparsa, dopo una breve e terribile malattia, è stata davvero stupefacente e commovente l’incredibile quantità di messaggi che sono arrivati da tutta Italia e da tutto il mondo, con un apprezzamento straordinario della sua figura di scienziato, con un ricordo personale speciale e sentito e sempre e da tutti, con stima ed affetto.
Il 27 aprile 2012 presso l’Aula Magna del Politecnico di Napoli si è tenuto un incontro per ricordare la sua figura umana e scientifica: “Antonio Barone e la Superconduttività Felix”, con interventi dei suoi allievi, Ruggero Vaglio, Roberto Cristiano, Francesco Tafuri ed altri, che hanno ricordato vari aspetti del suo lavoro, della sua vita scientifica e il ruolo di fondatore della scuola di superconduttività dell’area campana; di Antony Leggett, premio Nobel per la Fisica nel 2003, di John Clarke dell’Università di California, Berkeley, e di Vladimir Kresin del Lawrence National Laboratory di Berkeley, che hanno illustrato alcuni aspetti scientifici sulla superconduttività alla luce del loro rapporto di lavoro e di amicizia con Antonio Barone.
(Questa biografia è basata in gran parte sul ricordo di Ruggero Vaglio pubblicato su Il nuovo Saggiatore; si ringrazia l’autore per il permesso accordato.)