Antoine-Laurent de Lavoisier
Discendente da una famiglia di magistrati, frequentò il Collège Mazarin dal 1754 al 1761, studiando legge e si laureò nel 1764. Nello stesso periodo studiò chimica, botanica, astronomia e matematica. Nel 1767 lavorò su uno studio geologico dell’Alsazia-Lorena. Nel 1766 partecipò ad un premio sul modo migliore di illuminare le strade di Parigi senza vincere, ma meritando una medaglia d’oro.
Nel 1768 divenne assistente del fermier général (appaltatore privato delle imposte pubbliche) e nel 1780 divenne lui stesso fermier; ciò gli consentì una certa agiatezza economica che gli permise di svolgere a sue spese le ricerche scientifiche alle quali si stava sempre più dedicando e di allestire un bellissimo laboratorio.
Venne eletto membro dell’Accademia francese delle Scienze nel 1768 e percorse tutte le tappe della carriera accademica sino a diventare direttore nel 1785 e tesoriere nel 1791. Nel 1771 sposò la tredicenne Marie-Anne Paulze, figlia di un collega fermier, che divenne sua collaboratrice nelle ricerche, scrivendo gli appunti di laboratorio, traducendogli i lavori stranieri e illustrando i suoi libri. Dopo la prematura morte del marito, la signora Paulze sposò nel 1805 un altro scienziato, Benjamin Thompson, Conte Rumford, chiedendo di inserire una clausola per mantenere il cognome Lavoisier, in segno di rispetto, ma il matrimonio si rivelò ben presto insostenibile e finì nel 1808.
A partire dal 1776 servi nell’"Amministrazione delle polveriere reali", dove il suo lavoro portò a miglioramenti nella produzione di polvere da sparo e all’introduzione di un nuovo metodo per la preparazione del salnitro. Nel 1790 fece parte della Commissione dei pesi e misure per sviluppare il sistema metrico decimale.
Scoppiata la Rivoluzione francese partecipò attivamente, sostenendo posizioni democratiche. Membro del Club du 1789 (con Condorcet, Lafayette e altri) elaborò numerosi progetti di riforma finanziaria, amministrativa e monetaria. Nel 1793 difese, senza successo, l’Accademia delle Scienze dai tentativi di chiusura da parte del Comitato di salute pubblica. Nel 1794 fu arrestato insieme agli altri 28 fermiers (tra i quali il suocero Paulze), processato per non aver consegnato tutti i documenti contabili e l’8 maggio ghigliottinato in Place de la Révolution.
Alcuni dei più importanti esperimenti di Lavoisier esaminarono la natura della combustione (1772-1774). Attraverso questi esperimenti, dimostrò che la combustione è un processo che coinvolge la combinazione di una sostanza con l’ossigeno. Dimostrò anche il ruolo dell’ossigeno nella respirazione di animali e piante, cosi come nell’arrugginimento del metallo. La spiegazione data da Lavoisier alla combustione rimpiazzò la teoria del flogisto, la quale postulava che i materiali, quando bruciano, rilasciano una sostanza chiamata flogisto. Scoprì inoltre che l’aria infiammabile di Henry Cavendish che chiamò idrogeno (dal greco "formatore d’acqua"), si combinava con l’ossigeno per produrre acqua. Il lavoro di Lavoisier era parzialmente basato su quello di Priestley. In “Sur la combustion en général”, del 1777 e in “Considérations Générales sur la Nature des Acides”, del 1778, dimostrò che l’"aria" responsabile della combustione era anche fonte di acidità. Nel 1779, chiamò questa parte dell’aria "ossigeno" (dal greco "formatore d’acido"), e l’altra "azoto" (dal greco "senza vita"). In “Réflexions sur le Phlogistique”, 1783, Lavoisier mostrò che la "teoria del flogisto" era inconsistente. Gli esperimenti di Lavoisier, furono tra i primi esperimenti chimici veramente "quantitativi" ad essere condotti.
Passò poi alllo studio dei fenomeni termici, iniziati con l’ebollizione sotto vuoto e con la misura della pressione di vapore, dedicandosi poi, insieme al più giovane Laplace, allo studio della dilatazione dei solidi (1781) (pubblicati solo nel 1792, “De l’action du calorique sur les corps solides”) e alla misura dei calori specifici e del calore latente. I risultati di queste ricerche furono raccolti nel 1783, nel trattato “Mémoire sur la chaleur”, scritto insieme a Pierre Simon de Laplace, unanimemente ritenuto una pietra miliare della scienza sperimentale, che affronta in modo quantitativo l’argomento della natura e proprietà del calore, introducendo tra l’altro il calorimetro.
Egli mostrò inoltre che nelle reazioni chimiche, la quantità di materia è la stessa all’inizio e alla fine di ogni reazione. Bruciò fosforo e zolfo nell’aria e dimostrò che il prodotto pesava più della materia iniziale, ma il peso acquisito era stato perso dall’aria. Questi esperimenti fornirono la prova per la legge di conservazione della materia.
Assieme al chimico francese Claude-Louis Berthollet e ad altri, Lavoisier ideò una nuova nomenclatura chimica, descrittta nel Méthode de nomenclature chimique (1787).
Il suo Traité Élémentaire de Chimie (1789) è considerato il primo moderno libro di testo di chimica: presentava una visione unificata delle nuove teorie della chimica, conteneva una chiara enunciazione della "legge di conservazione della materia" e negava l’esistenza del flogisto. Inoltre chiariva il concetto di elemento come sostanza semplice, che non può essere scomposta da nessun metodo conosciuto dell’analisi chimica, e conteneva una teoria della formazione dei composti chimici a partire dagli elementi. In aggiunta stilò una classificazione di elementi, o sostanze che non potevano essere scomposte, che includeva ossigeno, azoto, idrogeno, fosforo, mercurio, zinco, e zolfo ed altri. La sua lista, comunque, includeva anche luce e calorico, che si credevano allora essere sostanze materiali. Nel 1789 fondò una rivista, Annales de chimie che insieme al suo Trattato fu uno dei principali strumenti di diffusione della nuova chimica di cui era stato il principale artefice.
L’importanza di Lavoisier per la scienza venne espressa dal matematico Lagrange che, subito dopo la esecuzione, scrisse a Delambre: "Il ne leur a fallu qu’un moment pour faire tomber cette tête, et cent années peut-être ne suffiront pas pour en reproduire une semblable". (È occorso solo un istante per tagliare questa testa, e cento anni potrebbero non bastare per produrne un’altra simile.)