André Marie Ampère
Figlio di un ricco mercante e giudice di pace che si occupò personalmente della sua istruzione, nella residenza di campagna di Poleymieux, vicino a Lione, insegnandogli il latino, la letteratura francese, la matematica e le scienze. In realtà, come scrisse nella sua autobiografia (curiosamente scritta in terza persona) non lo obbligò mai a studiare alcunché, ma sapeva come ispirargli un grande desiderio di conoscenza. Prima ancora di sapere leggere il suo più grande piacere era di ascoltare la lettura di brani della Storia Naturale di Buffon.
Lesse poi da solo articoli de L’Encyclopédie e Arago poi ricordò che li sapeva ancora recitare a memoria. Li leggeva in ordine alfabetico a partire dal primo volume ed è difficile dire se la sua passione per la classificazione gli venne da ciò o viceversa.
È stato scritto che a 12 anni conosceva tutta la matematica, ma in realtà, secondo la sua autobiografia, cominciò a leggere libri di matematica a 13 anni e a quell’età inviò un lavoro all’Accademia di Lione sul problema di costruire un segmento della stessa lunghezza di un arco di circonferenza. Non conoscendo il calcolo infinitesimale il lavoro non presentava novità e venne respinto. Lesse così le voci scritte da D’Alembert sull’Encyclopédie e si rese conto che doveva studiare ancora molta matematica.
Prese quindi alcune lezioni e studiò, leggendo bene anche il latino, le opere di Eulero e Bernoulli e la Mécanique analytique di Lagrange (appena pubblicata nel 1788) ripetendo tutti i calcoli in esse contenuti.
Ben presto però iniziò un periodo tragico, prima la morte della sorella nel 1792 poi, dopo l’assedio dell’esercito rivoluzionario a Lione, il padre fu arrestato e ghigliottinato nel 1793. La morte del padre gettò Ampère in una grande depressione e apatia, così interruppe tutti gli studi, trovando conforto solo nell’amicizia di una ragazza, Julie Carron, che sposò nel 1799, dopo aver deciso, per guadagnarsi da vivere, di dare lezioni di matematica e fisica a Lione.
Nel 1802 ottenne un posto di insegnante di Fisica e Chimica a Bourg-en-Bresse, lasciando a casa la moglie ammalata e il piccolo Jean-Jacques nato nel 1800.
Continuava le sue ricerche in matematica e scrisse un trattato di probabilità, Considérations sur la théorie mathématique du jeu, inviato all’Accademia di Parigi, nel quale Laplace trovò un errore che gli segnalò, iniziando una corrispondenza che fece capire le qualità del giovane Ampère, apprezzate soprattutto da Jean Baptiste Delambre.
Grazie alle sue raccomandazioni ottenne un posto di insegnante di matematica al Liceo di Lione, più vicino a casa, ma le condizioni di salute della moglie peggioravano portandola alla morte nel 1804. Ampère ne rimase profondamente abbattuto e pieno di sensi di colpa per averla lasciata sola.
Decise di partire per Parigi, ma si pentì presto: sentiva la mancanza degli amici e si trovava in un ambiente, quello scientifico parigino, ricco di invidie, dispute e competizione.
Aveva scritto altri trattati di matematica e la sua reputazione era così buona che venne assunto come ‘tutore’ in analisi all’École Polytechnique, pur non avendo nessuna istruzione accademica e nessun titolo di studio!
La sua situazione personale non migliorò; nel 1806 contrasse un disastroso nuovo matrimonio con Jenny Potot, ma vivevano praticamente separati e divorziarono nel 1808. Ebbero anche una figlia, Albine, che fu affidata al padre.
Fu finalmente nominato Professore di Matematica all’École Polytechnique nel 1809, dividendo l’insegnamento di analisi e meccanica con Cauchy con il quale entrò presto in contrasto anche perché gli studenti trovavano difficile l’approccio di Cauchy e preferivano l’insegnamento più convenzionale di Ampère. Divenne anche Ispettore Generale delle Università.
I suoi lavori in matematica furono soprattutto sulle equazioni differenziali parziali e nel 1814 fu eletto all’Institut National des Sciences sconfiggendo proprio Cauchy.
In chimica è ricordato per avere ipotizzato nel 1811 l’esistenza di un nuovo elemento, simile al cloro, che chiamò fluoro e per avere proposto nel 1816 una classificazione degli elementi.
In fisica si occupò all’inizio di ottica, scrivendo un lavoro sulla rifrazione nel 1815, che aderiva alla teoria ondulatoria proposta da Fresnel, il quale divenne anche un suo caro amico, abitando a casa sua dal 1822 fino alla sua morte nel 1827.
Propose anche una teoria ondulatoria del calore, poco nota ma rivalutata dopo gli studi sul calore radiante che mettevano in luce le analogie tra luce e calore (Melloni).
I suoi contributi più rilevanti riguardano senz’altro l’elettromagnetismo. Il 4 settembre 1820 Arago lesse all’Accademia di Parigi il lavoro di H. C. Oersted che metteva in luce un effetto magnetico della corrente elettrica e l’11 ripeté l’esperienza. Ampère era presente e il 18 settembre presentò un lavoro che conteneva un’esposizione molto più completa e altre numerose esperienze riguardanti le forze tra correnti e magneti, la settimana dopo una nuova comunicazione sulle forze tra fili percorsi da correnti e il 6 novembre una interpretazione delle stesse forze (legge di Ampère).
Ne risultarono una serie di lavori pubblicati dagli Annales de Chimie et de Physique dal 1823 al 1828, scritti con il determinante contributo del suo assistente Felix Savary.
In questi lavori propose che il magnetismo doveva intendersi come provocato sempre da correnti elettriche e stabilì il principio di equivalenza tra spire percorse da correnti e magneti.
L’esperimento di Oersted provocò naturalmente altre reazioni sia in Francia che all’estero, da ricordare i lavori di Biot e il suo assistente Savart (legge di Biot-Savart), Poisson, Arago, Faraday, spesso in forte contrasto con le idee di Ampère.
Il più importante lavoro di Ampère fu pubblicato nel 1826, Mémoire sur la Théorie Mathématique des Phénomènes électrodynamiques Uniquement Déduites de l’Expérience, che contiene una trattazione matematica delle leggi sulla forza elettromagnetica e descrive tutti i suoi esperimenti. La sua trattazione delle forze elettriche segue un’impostazione newtoniana (forze a distanza, centrali, che variano con l’inverso del quadrato della distanza) e per questo venne poi chiamato da Maxwell il Newton dell’elettrodinamica.
Nel 1821 Faraday scopre l’induzione elettromagnetica e inizialmente Ampère ne rivendica la priorità poi riconosce nel 1822 i diritti di Faraday: in realtà esperienze precedenti di Ampère e Arago avrebbero messo in luce il fenomeno, ma non vennero interpretate correttamente.
Gran parte del lavoro di Faraday, come pure di Weber, fu ispirato dalla sua teoria dell’elettromagnetismo, soprattutto per contrapporre una impostazione alternativa che sfociò quindi nella teoria di Maxwell. (vedi M. La Forgia, “L’esperienza di Oersted e la sua interpretazione nelle teorie di Faraday e di Ampère”, Giornale di Fisica 21, 2, 125-142, 1980 oppure R. Renzetti, “La nascita e la prima affermazione della teoria di campo”, LFnS, XXXIII, 4, 192-203, 2000)
Nel 1826 ottenne la cattedra al Collège de France e, potendo scegliere, insegnò elettrodinamica. Tra i suoi allievi il primo anno c’era Liouville, già suo allievo all’École Polytechnique, che trascrisse e pubblicò le sue lezioni con sue annotazioni.
Nel 1827 venne eletto Fellow della Royal Society e in seguito di numerose altre Accademie.
La sua ultima opera, pubblicata postuma, è Essai sur la philosophie des sciences, una ambiziosa esposizione di una classificazione di tutte le conoscenze umane, mentre nel 1872 furono pubblicati i suoi diari sotto il titolo di Journal and Correspondence.
Di carattere era timido e spesso goffo, miope e parzialmente storpiato da una infantile ferita al braccio, ma era buono e generoso, subì molte umiliazioni e dileggi nonostante i successi scientifici.
Dopo le tragedie famigliari anche i figli non gli diedero le soddisfazioni sperate. Il figlio Jean-Jacques divenne famoso come storico e filologo, professore di Storia della letteratura alla Sorbona e Accademico di Francia, ma le sue relazioni col padre erano difficili e tempestose. La figlia sposò un luogotenente di Napoleone, con problemi di alcolismo, e tornò a vivere col padre nel 1830, seguita però dal marito e la convivenza a tre fu turbata da violenze, con interventi anche della polizia, che resero anche gli ultimi anni di Ampère personalmente molto infelici.
Morì a Marsiglia e fu sepolto a Parigi al Cimitero di Montmartre.
In suo onore l’unità di misura SI della intensità di corrente elettrica è chiamata ampere (A).